Decreto dignità: i problemi della disciplina transitoria per contratti a termine e somministrazioni
venerdì 5 ottobre 2018
di Andrea Uberti
Il decreto legge 12/7/2018, n. 87, convertito con legge 9/8/2018 n. 96, c.d. Decreto dignità, ha modificato la disciplina del contratto a termine e del contratto di somministrazione adottando norme transitorie modificate in sede di conversione con conseguenti problemi pratici immediati.
Il “Decreto dignità” ha introdotto, tra altro, modifiche alla disciplina del contratto a termine e del contratto di somministrazione che impattano immediatamente sull’operatività quotidiana delle stipulazioni e dei rinnovi rendendo di particolare urgenza l’interpretazione della disciplina transitoria, si noti bene, dettata per il contratto a termine ma non per la somministrazione.
Contratto a termine
L’originaria disposizione transitoria di cui all’art. 1, comma 2 del D.L. n. 87/2018 prevede: “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla medesima data.”
In sede di conversione è stata modificata la norma disciplina transitoria che ora prevede: “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018.”
Per definire quali e quanti siano i regimi transitori occorre stabilire se l'originaria norma del decreto legge sopravviva alla diversa formulazione in sede di conversione producendo effetti sino al 12 agosto 2018. Al riguardo esistono opposte soluzioni che coinvolgono il delicato tema di carattere generale sull'efficacia intertemporale di norme contenute in decreti legge e poi modificate in fase di conversione.
Chi valorizza la distinzione tra emendamenti di natura “aggiuntiva” con efficacia ex nunc e quelli di natura “soppressiva o sostitutiva” con efficacia ex tunc è portato a qualificare la nuova norma transitoria come “sostitutiva” della precedente, che sarebbe venuta meno sin dall’origine, negando in partenza il problema del doppio regime transitorio (Cfr. V. Filì, Il lavoro “dignitoso” nel decreto legge n. 87 del 2018 convertito nella legge n. 96, in Lavoro nella Giurisprudenza, 2018, n. 9).
Chi al contrario ritiene che una norma non espressamente soppressa in fase di conversione produce effetti sino alla conversione ovvero ritiene, a livello interpretativo, che la nuova norma transitoria non sia qualificabile come “sostitutiva” (ed in effetti vi è stato un intervento parziale sul testo), deve necessariamente analizzare un doppio regime transitorio con l'ampia casistica che esso comporta (cfr. F. Scarpelli, Convertito in legge il “decreto dignità”: al via il dibattito sui problemi interpretativi e applicativi, in Giustizia Civile.com del 3 settembre 2018, 7).
Secondo questa seconda tesi il testo originario del decreto-legge produce effetti fino all'entrata in vigore della legge di conversione (12/8/2018) generando, di fatto, due diversi regimi: uno in vigore dal 14/7/2018 al 11/8/2018 (primo regime transitorio); uno in vigore dal 12/8/2018 e sino al 31/10/2018 (secondo regime transitorio).
In questa pluralità di regimi la possibile casistica tende a moltiplicarsi a seconda di dove si collocano cronologicamente i diversi atti: la prima stipulazione del contratto, il suo rinnovo o la sua proroga.
Tralasciando le ipotesi marginali ed ovvie, abbiamo la seguente casistica:
1) contratto in corso al 14/7/2018 con rinnovi o proroghe successivi a tale data, dovendosi però distinguere se esse si collocano nel primo o nel secondo regime transitorio (tra 14/7/2018 e 11/8/2018 ovvero da 12/8/2018 al 31/10/2018); per quanto marginale a questo primo caso si deve assimilare il contratto concluso prima del 14/7/2018 il cui rinnovo avvenga dopo tale data nel rispetto dei termini dilatori previsti dalla legge;
2) contratti stipulati per la prima volta dopo il 14/7/2018 i cui rinnovi o proroghe si collocano ancora in regime transitorio (improbabile nel primo regime, qualche probabilità in più, nel secondo regime).
Prima di verificare le soluzioni possibili occorrono due premesse di metodo e una considerazione pratica.
La prima premessa attiene all’ambito di applicabilità della disciplina transitoria: essa, per la sua funzione, deve applicarsi esclusivamente ai casi concreti che presentano un punto di collegamento con la precedente disciplina (e quindi ad elementi anteriori al 14/7/2018). Se non vi sono punti di collegamento anteriori al 14/7/2018 in linea di principio si applicherà la nuova disciplina.
Sulla base di questa premessa i contratti stipulati dopo il 14/7/2018 non solo ricadono sotto la nuova disciplina, ma anche eventuali rinnovi o proroghe saranno soggetti alla nuova disciplina pur se in ipotesi (improbabile) ricadessero nella vigenza della disciplina transitoria in quanto anteriori al 31/10/2018.
La seconda premessa è che il legislatore, sia nella norma transitoria originaria sia in quella definitiva, ha sempre tenuto distinto la stipulazione del contratto rispetto ai rinnovi e proroghe dovendosi aggiungere, sul piano sistematico, che stipulazione, rinnovo e proroga sono distinti atti giuridici suscettibili di diverse discipline.
Il testo legislativo impone quindi di applicare a questi distinti atti il regime che è loro proprio sulla base al momento in cui sono compiuti e di quanto prevede la disciplina transitoria: non è possibile cadere nella tentazione di considerare rilevante il momento di stipulazione dell'originario contratto per determinare anche il regime del rinnovo o della proroga. Non è quindi possibile sostenere che un contratto stipulato prima del 14/7/2018 possa per ciò solo godere sine die (anche dopo il regime transitorio) di proroghe e rinnovi sulla base della vecchia disciplina.
Se questa premessa è valida (e si accede alla tesi del doppio regime), il tenore letterale della norma in vigore nel primo regime transitorio (sino all’11/8/2018) impone l'applicazione della nuova disciplina (limiti temporali e causali) già ai rinnovi e alle proroghe di contratti a termine in corso al 14/7/2018 ma avvenuti prima del 12 agosto 2018.
In realtà, tutto il complesso tema della possibile duplicità del regime transitorio e delle sue conseguenze ritengo avrà una portata pratica minima e trascurabile.
In primo luogo, l’ipotesi di un doppio regime transitorio ha ormai solo un valore retrospettivo per rinnovi e proroghe avvenute tra il 14/7/2018 e il 12/8/2018 (non saranno tantissime). Inoltre, esso avrà un impatto quasi nullo posto che l’operatore avveduto che abbia compiuto operazioni tra il 14/7/2018 e l’11/8/2018 avrà rispettato la nuova disciplina più restrittiva imposta dal regime transitorio allora vigente e noto. Non solo: se poi dovesse prevalere la prima tesi ed il regime transitorio fosse solo quello da ultimo adottato in sede di conversione, essendo esso più favorevole al datore di lavoro, non dovrebbe creare problemi pratici al citato operatore avveduto che prima dell’11/8/2018 abbia rispettato l’unico regime allora vigente e noto, ossia un regime più restrittivo.
Venendo all’unico regime transitorio che avrà vera rilevanza pratica, in base alla norma in vigore dal 12/8/2018 la nuova disciplina si applica ai:
a) contratti a termine stipulati successivamente al 14 luglio 2018 (entrata in vigore del decreto);
b) rinnovi successivi al 31 ottobre 2018;
c) proroghe dei contratti successive al 31 ottobre 2018.
Si deve quindi ritenere che i contratti a termine in corso al 14 luglio 2018 (ma anche conclusi a tale data) potranno essere sia prorogati sia rinnovati sulla base della vecchia disciplina se il rinnovo o la proroga sono anteriori al 31/10/2018 (ma successiva al 11/8/2018 cfr. supra).
Altro dubbio potrebbe riguardare se il regime transitorio ante 31/10/2018 escluda interamente la nuova disciplina (causale, limite di 24 mesi e numero proroghe) o solo una parte.
Il testo normativo riferendosi alle “disposizioni di cui al comma 1” senza distinzione porta ad escludere che si possano fare distinzioni di disciplina: se si applica quella vecchia si beneficia di acausalità, 36 mesi e 5 proroghe.
Tuttavia, se l’applicazione del vecchio regime può dirsi sicura per acausalità e proroga (36 mesi e 5 proroghe), alcuni hanno posto dubbi per il rinnovo nella misura in cui esso altro non è che un nuovo contratto (per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale) e come tale, se stipulato dopo il 14/7/2018, potrebbe subire la disciplina nuova, quanto meno in tema di limite massimo di durata (art. 19, comma 2). Tale soluzione differenziata, legata al differente regime del “rinnovo” rispetto alla “proroga”, non ha tuttavia riscontro nel testo della norma che non differenzia in alcun modo e, quanto ai rinnovi, impone la nuova disciplina se tale atto è successivo al 31/10/2018.
[...]
In risposta ad istanze degli operatori alcuni interpreti hanno ritenuto possibile anticipare rinnovo o proroga prima della scadenza del contratto a termine in corso (e prima del 31 ottobre 2018) per poter beneficiare del regime transitorio (e della vecchia disciplina), sostenendo che per stabilire il regime giuridico di tali atti rileva esclusivamente il momento della loro stipulazione e non quello in cui produrrebbero effetto. La tesi non è condivisibile.
Premesso che per il rinnovo non è neppure ipotizzabile tecnicamente una anticipazione dei tempi (non sarebbe un rinnovo) la soluzione risulta impraticabile (o comunque assai pericolosa) anche con riferimento alla proroga. Prima ancora di valutare possibili argomenti giuridici tale soluzione non potrebbe sopravvivere ad una verifica giudiziaria ove quasi certamente verrebbe qualificata come operazione in frode alla legge o, nella migliore delle ipotesi, come abuso del diritto secondo una nozione oggi in fase di espansione.
***
Non paiono fondati i dubbi che il regime transitorio così interpretato attribuisca efficacia retroattiva alla norma. Se è valido l’assunto giuridico che tanto la proroga come il rinnovo siano atti negoziali nuovi e distinti rispetto all'originario contratto prorogato o rinnovato non si può ritenere che il nuovo e diverso regime del rinnovo e della proroga abbia un effetto retroattivo in quanto coinvolgerebbe l'originario contratto stipulato prima del 14 luglio 2018.
Non sembra che possa avere rilevanza giuridica il fatto che allorquando è stato stipulato l'originario contratto prima del 14 luglio 2018 le parti potessero avere l'aspettativa di prorogarlo 5 volte e fino a 36 mesi: si tratta per l'appunto di mera aspettativa senza rilevanza giuridica e non di un diritto quesito.
[...]
La nuova disciplina transitoria deve pertanto ritenersi immune da vizi di retroattività.
Sembrerebbe immune da tale vizio anche la disciplina transitoria ante conversione se è vero l’assunto che proroga e rinnovo sono negozi autonomi rispetto al contratto originario. Certamente quella disciplina aveva il difetto, più pratico che giuridico, di non lasciare il tempo materiale agli operatori per decifrare il nuovo regime in un campo nel quale quotidianamente vi sono rinnovi e proroghe.
In conclusione, si deve ritenere, sul piano pratico, che le possibili vie di fuga dal nuovo regime saranno superate alla data del 31/10/2018 ed eventuali possibilità di utilizzare un lavoratore oltre il tetto massimo di 24 mesi in sicurezza vanno gestite prima (con i limiti del caso).
Si segnala che anche l’allungamento del termine decadenziale per l’impugnazione stragiudiziale di cui all’art. 28, comma 1 del D.lgs 81/18 (da 120 a 180 giorni), in quanto contenuto nel comma 1 dell’art. 1 del Decreto, è soggetto alla disciplina transitoria portando con sé alcuni problemi applicativi.
Contratto di somministrazione di lavoro
Punto di partenza deve essere l'intento evidente del legislatore di limitarne il ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato nei medesimi termini in cui è stata limitata l'utilizzazione del contratto a termine assimilando le due fattispecie.
Tuttavia, il legislatore ha creato un corto circuito normativo.
Il nuovo art. 34, comma 2, D. lgs. n. 81/2015 prevede: “In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina di cui al capo III, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24, ….” .
Così facendo il legislatore ha imposto una pesantissima rigidità alle società di somministrazione senza avvedersi che le limitazioni all’uso della somministrazione a termine probabilmente andavano imposti all’utilizzatore.
Cercando di porre rimedio all'errore in fase di conversione è stato introdotto il comma 1-ter all'articolo 2 del Decreto in base al quale “Le condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del presente decreto, nel caso di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro, si applicano esclusivamente all'utilizzatore”.
Si è così creata una disciplina nella quale la validità del contratto di lavoro tra agenzia e lavoratore deve essere valutata sulla base di presupposti e requisiti da verificarsi presso un soggetto terzo, l’utilizzatore.
Questa situazione ha un impatto problematico [...]
Intanto non esiste una disciplina transitoria specificamente destinata alle norme che hanno riformato la somministrazione (art. 2 del Decreto). Non sembra tuttavia possibile ricavare da questo l’inapplicabilità per la somministrazione della disciplina transitoria dettata per il contratto a termine considerato che proprio a tale disciplina rinvia la norma sulla somministrazione.
Ammesso che (sanando la dimenticanza del legislatore) la disciplina transitoria del contratto a termine sia trasferita alla somministrazione, essa riguarda soltanto i nuovi limiti (causali e di durata) introdotti dall'articolo 1 del Decreto e non i limiti percentuali (30%) di cui all'articolo 2 che quindi devono considerarsi immediatamente vigenti dal 14 luglio 2018.
Ciò premesso, se è valido l’assunto dell’assimilazione tra le due fattispecie la disciplina transitoria da applicare ai rapporti di somministrazione dovrà ricalcare le soluzioni già adottate per il contratto a termine.
Non solo: l'esigenza di valutare la compatibilità con la struttura trilatera di questi rapporti non dovrebbe creare particolari problemi. Si tratta di valutare le limitazioni temporali e le causali dal contratto di somministrazione con riferimento all'utilizzatore, esattamente come se fosse un contratto a termine tra quell’utilizzatore e quel lavoratore.
Volendo sintetizzare al massimo, il nuovo regime introdotto dal Decreto si applica certamente a tutte le nuove somministrazioni stipulate successivamente al 14 luglio 2018 in quanto estranee alla disciplina transitoria.
Per tutte le somministrazioni in corso a tale data sarà possibile effettuare rinnovi e proroghe con tutta la vecchia disciplina (acausalità, 5 proroghe e 36 mesi massimi – ma con limiti percentuali del 30%) solo se effettuate entro il 31 ottobre 2018 (ma dopo il 12 agosto 2018). Subirebbero purtroppo i limiti della nuova disciplina eventuali rari rinnovi o proroghe avvenute durante il primo regime transitorio (dal 14.7.2018. al 11.8.2018).
In realtà la dicotomia creata dal legislatore per la quale la legittimità del contratto di lavoro tra agenzia e lavoratore impone di valutare causali e limiti temporali con riferimento all'utilizzatore crea diversi problemi pratici: in particolare ci si chiede se, per stabilire se siamo di fronte ad un primo contratto, ad un rinnovo di contratto precedente o ad una proroga, occorre assume a riferimento il datore di lavoro agenzia o l'utilizzatore.
Un esempio pratico rende evidente il problema: il lavoratore “L” ha già avuto un rapporto con l'agenzia “A” e, durante il regime transitorio (ante 31.1018), si pone l'opportunità di una prima missione per questo lavoratore presso l’utilizzatore U. Ci troviamo di fronte ad un “rinnovo” se si assume a riferimento l’agenzia (con la quale esiste un pregresso rapporto) e come tale ricadente nella disciplina transitoria e nella vecchia disciplina; al contrario ci troviamo di fronte ad un nuovo contratto se si assume a riferimento l’utilizzatore (che non ha pregressi rapporti con “L”) come tale soggetto alla nuova disciplina.
Il problema di come qualificare l’atto, con riferimento all’agenzia o all’utilizzatore, si replica in molti altri casi pratici.
Stabilire quale sia la soluzione giuridicamente più corretta risulta particolarmente difficile: [...]
Se si vuol dare prevalenza all'aspetto sostanziale e valorizzare il comma 1-ter introdotto in sede di conversione, allora occorre assumere a riferimento per tutte le valutazioni l'utilizzatore e così anche per stabilire se ci si trova di fronte ad un nuovo contratto, ad un rinnovo o una proroga. Se si vuole rimanere più fedeli al dato formale e al testo legislativo, pur dovendo verificarsi i requisiti presso l'utilizzatore, la qualificazione del negozio giuridico in termini di nuova stipulazione, rinnovo o proroga deve essere fatta avendo riferimento all'agenzia datore di lavoro.
Inutile dire che questa seconda soluzione comporta una notevole immediata penalizzazione sul lato delle agenzie che porta rapidamente a far collassare il loro ruolo, producendo proprio quell’effetto che probabilmente il legislatore in sede di conversione voleva evitare.
Se, come ritengo, il legislatore voleva restituire libertà di manovra alle agenzie e spostare le limitazioni sull’utilizzatore, tale ratio va perseguita sino in fondo compiendo tutte le valutazioni, comprese quelle attinenti alla qualificazione dell’atto giuridico (nuovo contratto, rinnovo o proroga) con riferimento all’utilizzatore.
Credo anche che questa soluzione dia più linearità al sistema e faciliti l’individuazione delle soluzioni pratiche in un sistema già sufficientemente tormentato.
Leggi qui la versione integrale dell'articolo: http://www.quotidianogiuridico.it/documents/2018/10/05/decreto-dignita-i-problemi-della-disciplina-transitoria-per-contratti-a-termine-e-somministrazioni