Convegno AGI - "IL LAVORO E L'IMPRESA NELL'ITALIA CHE RIPARTE"
Trieste, 15-17 settembre 2022
LA COMPATIBILITA’ DELLA DISCIPLINA DEL DECRETO DIGNITA’ RISPETTO AI PRINCIPI COMUNITARI E ALLA SENTENZA DELLA CORTE GIUSTIZIA UE, 14 OTTOBRE 2020, N.681, SEZ. IIUE, 14 OTTOBRE 2020, N.681, SEZ. II
Federica Salari
La sentenza dalla CGUE nella causa C-681/18 emessa il 14 ottobre 2020, nonostante si riferisca ad una disciplina nazionale non più in vigore (il D.lgs. n. 276/2003 come modificato dal Decreto Poletti), è punto di riferimento per l’analisi dell’attuale disciplina contenuta dal Decreto Dignità (d.l.n. 87/2018), al netto delle modifiche “temporanee” relative al periodo pandemico.
La sentenza Comunitaria origina da una controversia nella quale un lavoratore interinale era stato impiegato presso la stessa utilizzatrice ininterrottamente dal 3 marzo 2014 al 30 novembre 2016 con otto contratti di somministrazione prorogati diciassette volte. Il lavoratore domandava il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore, essendo stato superato il numero massimo di proroghe dei contratti consentito dalla normativa nazionale.
Ad avviso del ricorrente le disposizioni interne in materia di lavoro tramite agenzia interinale, non prevedendo alcun limite alle missioni successive dei lavoratori messi a disposizione di uno stesso utilizzatore, sarebbero contrarie alla direttiva CE 2008/104. A seguito della modifica introdotta dal d.l. n. 34/2014, l'art. 20, co. 4, d.lgs.n. 276/2003, infatti, non subordinava più la somministrazione a tempo determinato all'indicazione di ragioni legittimanti.
L'art. 22 d.lgs. n.276/2003, inoltre, escludendo l'applicabilità dell'art. 5, commi 3 e ss.,d.lgs.n.368/2001, non poneva alcuna limitazione temporale rispetto ad eventuali missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso lo stesso utilizzatore.
II Tribunale di Brescia sottoponeva quindi la questione alla CGUE, ritenendo che la normativa nazionale fosse contraria alla direttiva CE 2008/104 e, in particolare, all'art. 5, § 5 che prevede che “Gli Stati membri adottano le misure necessarie, conformemente alla legislazione e/o le pratiche nazionali, per evitare il ricorso abusivo all’applicazione del presente articolo e, in particolare, per prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni della presente direttiva.
Essi informano la Commissione di qualsiasi misura in tal senso”, mancando ogni controllo giurisdizionale sulle ragioni del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale, in particolare sotto il profilo dei limiti temporali delle missioni successive tra le stesse parti.
La CGUE richiama anche nelle premesse il considerando n. 11 in base al quale la direttiva CE 2008/104 precisa che il lavoro internale “risponde ad esigenze di flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata e la vita professionale dei lavoratori dipendenti” ed anche il considerando n. 15, secondo il quale la forma comune dei rapporti lavorativi è il contratto a tempo indeterminato precisando che “Nel caso di lavoratori legali all’agenzia interinale da un contratto a tempo indeterminato, tenendo conto della particolare tutela garantita da tale contratto, occorrerebbe prevedere la possibilità di derogare alle norme applicabili alla impresa utilizzatrice”. La
direttiva sembra quindi dare atto che tali lavoratori (con rapporto a tempo indeterminato con agenzia) godono di un impiego stabile a prescindere da come sono disciplinate le missioni presso l’utilizzatore.I giudici europei giungono quindi a sottolineare il connotato peculiare del lavoro tramite agenzia interinale è quello della temporaneità, come si evince dall'art. 3, §1, lett. da b) a e), e dall'art. 6.
In sintesi, secondo la CGUE, l’art. 5, § 5, prima frase della direttiva in esame, non impone alla norma nazionale di individuare un limite massimo di missioni presso l’azienda utilizzatrice e neppurei prevedere limitazioni causali (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo), purché sia sempre preservata la natura temporanea del lavoro tramite agenzia, evitando il susseguirsi
di missioni volte esclusivamente ad eludere le disposizioni della direttiva “nel suo insieme”.
L'art. 5, § 5 deve essere interpretato nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura finalizzata a preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, ovvero non preveda alcuna disposizione finalizzata ad evitare missioni reiterate del
medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice eludendo la direttiva CE 2008/104 nel suo insieme. Tuttavia, precisa la CGUE ogni ordinamento è libero di individuare lo strumento attraverso il quale impedire questo effetto elusivo.
La CGUE prosegue poi riconoscendo al giudice della fattispecie concreta la facoltà di valutare caso per caso la qualificazione giuridica del rapporto, al fine di scorgere l’eventuale elusione dei principi sanciti dalla direttiva e dal diritto interno.
In altre parole, il giudice nazionale potrà e dovrà valutare quando la successione di contratti in somministrazione con lo stesso utilizzatore cela in realtà un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ossia quando il susseguirsi di missioni protratte nel tempo determini una durata del rapporto tale da far ragionevolmente escludere che si tratti di un’esigenza temporanea.
Come già detto, le disposizioni di diritto nazionale analizzate nella sentenza in esame sono state modificate dal c.d. Decreto Dignità (d.Lgs. n. 87/2018). Secondo tale disciplina – al netto delle modifiche temporanee della pandemia – al prestatore di lavoro interinale assunto a tempo determinato dovrà applicarsi quanto previsto dal d.lgs. n. 81/2015 riguardo al tempo determinato (durata massima di 24 mesi e acausalità limitatamente ai primi 12 mesi). Di conseguenza la mancata indicazione o la non veridicità della causale (dopo i primi 12 mesi) ovvero il superamento del limite massimo di 24 mesi comporterà, anche per la somministrazione, la trasformazione del contratto a
termine in contratto a tempo indeterminato [1].
Quanto previsto dalla normativa italiana per il contratto di somministrazione a termine, sembra quindi in linea con quanto previsto a livello Europeo e realizza con strumenti adeguati il principio di temporaneità, anche se tale effetto è ottenuto con un parallelismo con la disciplina del contratto a termine che, sempre secondo la CGUE, non è da ritenersi aderente alla normativa comunitaria.
Quanto invece al contratto di somministrazione a tempo indeterminato, la norma nazionale non prevede alcuna limitazione (né di causale né di durata) per l’invio in missione a termine o a tempo indeterminato dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dal somministratore, come chiarito anche nella circolare del Ministero del Lavoro (Circolare n. 17/2018), non risultando particolarmente significativa la integrazione dell’art. 31 con DL n. 104 del 14.08.2020 [2] come modificata da ultimo dal D.L. n. 21/2022 considerato anche che è prevista la sua “efficacia fino al 30 giugno 2024”.
In mancanza di limitazioni è quindi astrattamente ipotizzabile che il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia possa essere inviato senza limiti presso lo stesso utilizzatore, anche con una successione di missioni a termine.
Questa circostanza pone dei dubbi di aderenza della disciplina del contratto di somministrazione a tempo indeterminato al principio di temporaneità sancito dalla CGUE. Il requisito della “temporaneità” della missione presso l’utilizzatore non può ritenersi
automaticamente estendibile alla somministrazione che abbia a monte un rapporto a tempo indeterminato tra lavoratore e agenzia. In questo caso occorre tenere distinto il rapporto tra agenzia e lavoratore somministrato dal rapporto tra agenzia ed utilizzatore, distinzione insita nella struttura trilatera della fattispecie.
Nel rapporto lavoratore-agenzia essendovi un rapporto a tempo indeterminato risulta soddisfatta l’esigenza di tutela del lavoratore verso una forma stabile di occupazione come voluto dalla CGUE: non a caso nel 15° considerando prevede, che a fronte di un rapporto stabile tra
lavoratore ed agenzia, gli ordinamenti possano derogare alle norme applicabili nell’impresa utilizzatrice.
Pertanto, la disciplina italiana della somministrazione a tempo indeterminato può essere considerata rispettosa dei principi sanciti dalla CGUE, posto che, pur potendo prevedere deroghe alla disciplina applicabile all’utilizzatore a fronte di un rapporto a tempo indeterminato tra lavoratore ed agenzia, tuttavia non lo ha fatto.
Parimenti è innegabile che un sistema che legittimi una serie sterminata di missioni temporanee presso lo stesso utilizzatore, pur a fronte di un tranquillizzante rapporto a tempo indeterminato con l’agenzia di somministrazione, non sembra del tutto coerente, tanto meno senza
una precisa presa di posizione da parte dell’ordinamento interno (come legittimato dal 15° considerando).
In attesa di un intervento del Legislatore su questo tema, il vuoto normativo va colmato con i principi generali e di sistema: sul primo versante non può trascurarsi che nel nostro ordinamento appare illogica una pluralità di missioni protratte nel tempo senza limiti verso un medesimo
utilizzatore, creando una dissociazione stabile tra titolarità del rapporto ed utilizzazione della prestazione; inoltre non si può trascurare che il rapporto a tempo indeterminato con l'agenzia non è in tutto sovrapponibile a un normale rapporto di lavoro diretto in quanto soggetto ai periodi di disponibilità che comportano una minore retribuzione.
In conclusione, sino quando il legislatore italiano non colmerà la lacuna con una precisa disposizione in tal senso, riteniamo che dovrà prudenzialmente applicarsi alle missioni verso il medesimo utilizzatore la durata massima complessiva di 24 mesi prevista per la somministrazione a tempo determinato anche se vi sia a monte un rapporto a tempo indeterminato con l’agenzia di somministrazione.
Non ci resta pertanto che attendere le prossime evoluzioni di questo istituto che certamente risentiranno dell’assetto politico che farà seguito alle imminenti elezioni.
[1] Con la Circolare Ministeriale n. 17 del 31 ottobre 2018 è stato chiarito che in caso di assunzione a tempo determinato il requisito temporale deve essere rispettato sia nel rapporto tra somministrante e prestatore di lavoro sia tra quest’ultimo e l’utilizzatore.
[2] Art. 31 del D.L. n. 104/2020 con modificata da ultimo dal D.L. n. 21/2022 ”Nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l'agenzia di somministrazione e l'utilizzatore sia a tempo determinato l'utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a ventiquattro mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l'agenzia di somministrazione abbia comunicato all'utilizzatore l'assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all'utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. La disposizione di cui al periodo precedente ha efficacia fino al 30 giugno 2024”