La Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 17636/2017 ha ritenuto alcuni motivi inammissibili ed altri infondati ed ha rigettato il ricorso.
In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il primo motivo citato, in quanto è noto come nel rito del lavoro, il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ai sensi dell’art. 421 c.p.c., preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova, non sia censurabile con ricorso per cassazione, qualora la parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori (Corte di Cassazione, 12 marzo 2009, n. 6023; Corte di Cassazione, 23 ottobre 2014, n. 22534).E ciò non risulta nel caso di specie.
Inoltre, la Cassazione ritiene infondato il motivo relativo alla illogicità della sentenza in quanto la Corte territoriale ha reso una chiara e congruente giustificazione dell’aggravamento della condizione patologica del lavoratore per effetto dell’attività lavorativa prestata nel periodo di malattia, senza alcuna intrinseca contraddittorietà.
Infine, i giudici di legittimità hanno considerato infondato anche l'argomento della non proporzionalità tra addebito contestato e licenziamento, ritenendo che la Corte di Appello abbia correttamente valutato l'addebito, considerandone la portata oggettiva e soggettiva, le circostanze concrete nelle quali sono stati commessi i fatti e l’intensità dell’elemento intenzionale.