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Tempo tuta, remunerato solo se c'è eterodirezione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15763/2021, si è pronunciata nuovamente sulla questione del “tempo tuta”, ossia il tempo impiegato dai dipendenti per indossare e togliere gli indumenti da lavoro
16/06/2021
La Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 15763 del 7 giugno 2021, ha stabilito che “nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo necessario ad indossare l’abbigliamento di servizio (“tempo tuta”) costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da eterodirezione, in difetto della quale l’attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell’obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo”.
 
L'ordinanza origina dal ricorso in cassazione di alcuni lavoratori contro la sentenza della Corte d’appello di Roma che, in riforma della sentenza del Tribunale, aveva dichiarato infondata la domanda con cui gli stessi avevano chiesto il riconoscimento della retribuzione per il tempo impiegato nell’indossare e nel dismettere gli abiti di lavoro e gli altri dispositivi di protezione individuale (cd. tempo tuta);  la Corte territoriale aveva accertato che la società non imponeva ai lavoratori modalità di vestizione e svestizione, e che pertanto, avendo la datrice rinunciato a esercitare il proprio potere di eterodirezione in relazione a tale attività, nessun obbligo retributivo derivante da corrispettività gravava su di essa riguardo al tempo tuta. 

 
 




 
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