La sentenza del 25 settembre 2018, n. 22677 ha considerato il caso di una lavoratrice che aveva ripetutamente rifiutato lo svolgimento della prestazione lavorativa sostenendone sia la natura demansionante sia la non adeguatezza rispetto al proprio stato di salute.
A fronte di tale inadempimento, il datore di lavoro ha irrogato varie sanzioni conservative e, constatato il perdurare del rifiuto, ha licenziato la dipendente per giusta causa.
Il ricorso avverso il licenziamento è stato respinto dai giudici di merito che hanno ritenuto ingiustificato il rifiuto di rendere la prestazione lavorativa escludendo sia il demansionamento sia l’adibizione a mansioni incompatibili con lo stato di salute
La Suprema Corte ha confermato la pronuncia di merito affermando, in diritto, i seguenti principi:
- il lavoratore adibito a mansioni che ritenga incompatibili con il proprio stato di salute può rifiutare l'esecuzione della prestazione solo se l’inadempienza datoriale ne pregiudichi irrimediabilmente le esigenze vitali e, quindi, l’integrità psico-fisica ferma restando naturalmente la sua facoltà di richiedere in via stragiudiziale e giudiziale l’adibizione a mansioni confacenti;
- il lavoratore adibito a mansioni che ritenga inferiori può rifiutare l'esecuzione della prestazione solo se l’inadempimento datoriale incide in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore.