Secondo la recente sentenza 26 luglio 2017, n. 18506 resa dalla Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, «la liquidazione equitativa della componente esistenziale del danno alla persona presuppone la allegazione in concreto e la prova da parte del lavoratore del complessivo peggioramento della qualità della vita, sul piano delle relazioni umane e del contesto familiare sicché non è configurabile un danno implicito nella mancanza di lavoro ma spetta all’interessato allegare precisi elementi di fatto e fornire la prova del danno, anche avvalendosi di presunzioni».
In un caso di privazione totale dell’attività (il lavoratore era rimasto privo di mansioni stante il rifiuto del datore di assegnare mansioni diverse e compatibili con l’inabilità temporanea accertata dal medico competente), la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva per ciò solo riconosciuto il danno esistenziale ribadendo che la liquidazione del danno non patrimoniale presuppone l’allegazione e la prova del complessivo peggioramento della qualità della vita, sul piano delle relazioni umane e del contesto familiare.