Il Tribunale di Torino e dal Tribunale di Reggio Emilia hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 92, comma 2, c.p.c. - che prevede la compensazione delle spese legali solo in caso di:
- soccombenza reciproca;
- assoluta novità della questione trattata;
- mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti
per violazione degli artt. 3, 24, 25, 102, 104 e 111 Cost. nonché per violazione degli art. 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e per violazione degli artt. 6, 13 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, come parametri interposti ex art. 117 Cost. per l’omessa previsione della facoltà di compensare le spese di lite, in caso di totale soccombenza, in fattispecie diverse rispetto a quelle contemplate dalla norma e, in particolare, per la mancata considerazione del lavoratore ricorrente come parte "debole" del rapporto controverso al fine della regolamentazione delle spese processuali.
La Consulta ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità.
In particolare, la Corte Costituzionale ha ritenuto che tale norma nella parte in cui limita la facoltà di compensazione delle spese, in caso di totale soccombenza, ai soli casi di novità della questione e mutamento degli orientamenti giurisprudenziali senza contemplare analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipizzate dal legislatore violi il principio di ragionevolezza ed uguaglianza nonché il canone del giusto processo ed il diritto alla tutela giurisdizionale.
La Consulta ha quindi dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. nella parte in cui non prevede che il giudice, in caso di soccombenza totale, possa non di meno compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”
Con specifico riferimento alla questione posta nell’ordinanza di rimessione del Tribunale di Reggio Emilia circa la posizione (di parte debole) del lavoratore, la Consulta ha invece ritenuto infondata la questione di costituzionalità rilevando che la qualità di lavoratore “non costituisce, di per sé sola, ragione sufficiente - pur nell'ottica della tendenziale rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale alla tutela giurisdizionale (art. 3, secondo comma, Cost.) - per derogare al generale canone di par condicio processuale quanto all'obbligo di rifusione delle spese processuali a carico della parte interamente soccombente” con la precisazione che “la circostanza - segnalata dal giudice rimettente - che il lavoratore, per la tutela di suoi diritti, debba talora promuovere un giudizio senza poter conoscere elementi di fatto, rilevanti e decisivi, che sono nella disponibilità del solo datore di lavoro (cosiddetto contenzioso a controprova), costituisce elemento valutabile dal giudice della controversia al fine di riscontrare, o no, una situazione di assoluta incertezza in ordine a questioni di fatto in ipotesi riconducibili alle "gravi ed eccezionali ragioni" che consentono al giudice la compensazione delle spese di lite”.