Con la sentenza 32473/2021, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’Inail contro l’indennizzo e l’invalidità pari al 10% in favore di una impiegata della Procura di Firenze che si era rotta il polso cadendo per strada, durante un’uscita per la pausa caffè, nell’ambito della giornata lavorativa.
Nonostante l'uscita fosse stata autorizzata dal datore di lavoro, non avendo la sede lavorativa un punto di ristoro interno, i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto che non ci fosse, come invece aveva stabilito il Tribunale e confermato la Corte di Appello, un nesso eziologico con l'attività lavorativa. In sostanza, la pausa caffè non è ritenuta un bisogno impellente e i rischi connessi sono generici e non correlati all'attività lavorativa.
Secondo i giudici di legittimità, "è’ ininfluente la tolleranza espressa dal soggetto datore di lavoro in ordine a tali consuetudini dei dipendenti. Non potendo una mera prassi o comunque una qualsiasi forma di accordo tra le parti del rapporto di lavoro, allargare l’area oggettiva di operatività della nozione di occasione di lavoro".