Con l’ordinanza n. 1472/2024, la Corte di Cassazione ritiene legittimo il licenziamento della dipendente che, durante il periodo di malattia, ha svolto un’attività altrove. Secondo i giudici di legittimità, lo svolgimento di attività durante l'assenza dal lavoro per malattia costituisce illecito di pericolo e non di danno. Quest'ultimo si dà non soltanto se quell’attività abbia effettivamente provocato un’impossibilità temporanea di ripresa del lavoro, ma anche nel caso in cui la ripresa sia stata posta in pericolo, ovverosia quando il lavoratore abbia tenuto un comportamento imprudente.
Il caso di specie concerne il licenziamento irrogato a una lavoratrice per aver svolto attività lavorativa in congedo di malattia. La Corte d’appello , confermando la pronuncia del Tribunale, rigettava il ricorso ritenendo che la condotta tenuta dalla lavoratrice, che era stata vista servire i clienti in una pizzeria mentre era assente dal lavoro per lombalgia, fosse tale da ledere in modo grave il vincolo fiduciario con il proprio datore di lavoro, dimostrando così scarsa correttezza e buona fede nella esecuzione del rapporto di lavoro, poiché l’attività espletata violava i suoi doveri di cura e di sollecita guarigione.
La lavoratrice, ricorrendo in cassazione, contestando la contraddittorietà della pronuncia che riteneva le sue condotte contrarie ai doveri di cura e sollecita guarigione, nonostante fosse dimostrato il suo rientro in servizio subito dopo aver effettuato i turni in pizzeria.
La Suprema corte rigettava il ricorso rilevando che l’assunto della Corte d’appello è conforme alla giurisprudenza di legittimità. Il lavoratore deve astenersi da comportamenti che possano ledere l’interesse datoriale alla corretta esecuzione dell’obbligazione principale dedotta in contratto, rilevando che la mancata prestazione lavorativa a causa della malattia trova tutela nelle disposizioni contrattuali e codicistiche nella misura in cui non sia imputabile alla condotta volontaria del lavoratore che operi scelte idonee a pregiudicare l’interesse datoriale a ricevere regolarmente detta prestazione (Cassazione 1699/2011).