Il caso di specie riguarda il subentro di un’azienda nel servizio di smaltimento rifiuti di un Comune. L'impresa subentrante si era rifiutata di assumere un lavoratore già impiegato in tale ambito dall'impresa uscente, ritenendo che il suo coinvolgimento in una rete di spaccio di stupefacenti – accertato da una sentenza passata in giudicato - fosse un motivo ostativo all’assunzione, in quanto faceva venire meno l’elemento fiduciario. Tale elemento, secondo il subentrante, avrebbe reso inutile l’assunzione, essendo questa destinata a essere seguita immediatamente da un licenziamento per giusta causa.
L'interessato aveva fatto ricorso contro tale decisione reclamando il diritto ad essere assunto dall’azienda subentrata nel contratto d’appalto in cui esso era adibito presso la sua originaria datrice. La Corte d’Appello respingeva il ricorso, sul presupposto che il diritto all’assunzione del ricorrente, scaturente dalla clausola di salvaguardia prevista dal contratto collettivo, incontra il limite della possibilità per il futuro datore di far valere l’esistenza di condizioni ostative inerenti alla valutazione dell'attitudine professionale del dipendente.
I giudici di legittimità confermavano poi la sentenza di appello. La Corte ha ritenuto il ricorrente oggettivamente incompatibile a rendere la prestazione lavorativa, considerato che si era reso protagonista di fatti di inaudita gravità sotto il profilo penale, che consentivano al datore di non adempiere al proprio obbligo di assumere, incontrando l’articolo 1218 del codice civile.