Il protrarsi arbitrario della sospensione del rapporto a causa dell’illegittima collocazione in cassa integrazione determina la responsabilità per inadempimento contrattuale del datore di lavoro, con conseguente diritto del lavoratore al risarcimento integrale dei danni subiti, da determinarsi ai sensi dell’articolo 1223c.c., commisurandosi, almeno, all’entità dei compensi retributivi che egli avrebbe maturato durante l’intero periodo di inadempimento. E' quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10377 del 10 aprile 2021, in ossequio al suo consolidato orientamento in tema di illegittima collocazione in CIGS-covid arbitraria e prolungata nel tempo di un dipendente.
Tuttavia, la violazione dei criteri per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione - stabiliti in sede di contrattazione collettiva -
comporta, per il lavoratore ingiustificatamente sospeso, solamente il diritto al risarcimento del danno (nella misura corrispondente alla differenza tra le retribuzioni spettanti nel periodo di ingiustificata sospensione del rapporto ed il trattamento di cassa integrazione corrisposto nello stesso periodo), ma non il diritto alla riammissione in servizio.