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L’assoluzione in sede penale inficia il licenziamento?

L'assoluzione per prove insufficienti non vincola il giudice che valuta il licenziamento: così la Suprema Corte nella sentenza 2887/22 del 31 gennaio scorso
14/02/2022
La Corte di Cassazione, con  l'ordinanza 31 gennaio 2022, n. 2870, ha fornito precisazioni in ordine ai rapporti fra contestazione disciplinare a carico del lavoratore ed eventuale sentenza penale di assoluzione per gli stessi fatti oggetto di addebito. La Cassa.afferma che la sentenza di assoluzione in sede penale per insufficienza di prove non vincola il giudice civile rispetto al giudizio sulla responsabilità disciplinare del lavoratore per gli stessi fatti.
 
Il caso di specie riguarda un lavoratore che si era opposto giudizialmente al licenziamento per giusta causa irrogatogli per la manomissione di un contatore con conseguente abusivo allaccio alla rete elettrica. A fondamento della proprio ricorso il lavoratore licenziato adduceva l'assoluzione in sede panale per i medesimi fatti.
 
La Cassazione rileva, preliminarmente, che la contestazione disciplinare a carico del lavoratore - assolvendo esclusivamente alla funzione di consentire all'incolpato di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa - non è assimilabile alla formulazione dell'accusa nel processo penale e va, quindi, valutata in modo autonomo rispetto ad eventuali imputazioni penalistiche.
 
Per la sentenza, ne consegue che, anche laddove per gli stessi fatti il lavoratore sia stato assolto con sentenza dibattimentale dichiarata irrevocabile, non viene preclusa la cognizione della domanda da parte del giudice civile.
Secondo i Giudici di legittimità, il giudicato di assoluzione in sede penale ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo ove contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche nell'ipotesi in cui l'assoluzione sia determinata dall'insussistenza di sufficienti elementi di prova.
Rientrando il caso di specie in quest’ultima ipotesi, la Suprema Corte rigetta il ricorso del lavoratore e conferma la legittimità del licenziamento irrogatogli. 

 
 




 
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