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Controlli difensivi, non si applica l'art.4 St. Lav.

La Cassazione con l'ordinanza 22 settembre 2021 n. 25732 interviene sul tema dei controlli difensivi volti ad accertare gli illeciti del lavoratore che utilizzi il computer aziendale per la navigazione on line a scopi personali, arrecando danni al patrimonio dell’impresa
04/10/2021
Con l'ordinanza 25732/2021, la Suprema corte ha affermato che il datore di lavoro può svolgere controlli di natura tecnologica su un pc aziendale in dotazione di un lavoratore qualora emerga che sussiste un sospetto fondato della Commissione di un illecito, pur in assenza delle condizioni previste dall’articolo 4, della legge n. 300/1970.
  
Il caso di specie riguarda il ricorso di una dipendente contro il proprio licenziamento in tronco, motivato dal fatto che, in un accesso al suo computer aziendale, era stata rilevata la presenza di numerosi siti scaricati per ragioni private, tra i quali, inoltre, uno conteneva un virus che aveva infettato tutta la rete del sistema informatico aziendale.
Secondo i  giudici della Corte di Cassazione, ai fini della legittimità dei controlli effettuati sugli strumenti informatici in dotazione al dipendente, è necessario distinguere tra:
 
a) le ipotesi previste dal novellato articolo 4, Legge 300/1970 e
b) le ipotesi del fondato sospetto della commissione di un illecito.
 
Il caso di specie rientra nella seconda ipotesi – fondato sospetto della commissione di un illecito – in quanto l’attività datoriale di verifica derivava dalla necessità di accertare e sanzionare gravi illeciti della dipendente (cosiddetto “controllo difensivo”).
 
Tuttavia, la Corte evidenzia come tale potere del datore di lavoro non sia illimitato e indiscriminato. Infatti, in conformità al principio enucleato dai giudici di legittimità, il controllo, anche tecnologico, posto in essere dal datore di lavoro finalizzato alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti, in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, è lecito “purché’ sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto”.

 
 




 
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