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Procedura concorsuale e competenza del giudice del lavoro

La Corte di Appello di Milano ha stabilito la competenza del giudice del lavoro e non del tribunale fallimentare sull’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra una società in amministrazione straordinaria e un lavoratore
08/07/2017
La Corte d'Appello di Milano, con la sentenza n. 1056 del 22 maggio 2017, ha stabilito che non il tribunale fallimentare, bensì il giudice del lavoro è competente ad accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra lavoratore e società utilizzatrice in amministrazione straordinaria. Secondo la Corte d'Appello, un contenzioso del genere inerisce non la mera tutela di diritti patrimoniali bensì la posizione del lavoratore all’interno della società.
 
Nel caso in esame un lavoratore è ricorso al tribunale chiedendo di accertare l’illegittimità di svariati contratti di somministrazione a tempo determinato e, conseguentemente, di accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ab origine con la società.
 
Il Giudice di primo grado ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso proposto dal lavoratore poiché l’indagine e la valutazione delle domande aventi ad oggetto dei crediti sorti precedentemente alla dichiarazione dello stato di insolvenza dell’azienda, sono di competenza del tribunale fallimentare. Ad avviso del Tribunale, lo scopo sotteso ad un giudizio di accertamento della sussistenza e della qualificazione del rapporto di lavoro è quello di ottenere, nel medesimo giudizio, vantaggi di natura retributiva o risarcitoria.
 
Tuttavia, la Corte d’Appello di Milano ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di prime cure dichiarandosi competente a decidere la controversia sull’assunto per cui, come da indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione, nel caso di società in amministrazione straordinaria, è necessario distinguere tra le domande volte alla condanna al pagamento di somme di denaro e quelle del lavoratore volte ad ottenere pronunce di accertamento o costitutive.
 
La Corte intende che in tale ipotesi la richiesta di tutela sia volta a salvaguardare la posizione del lavoratore all’interno dell’azienda e non i meri diritti patrimoniali

 
 




 
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