Un dirigente già iscritto al regime previdenziale dei dirigenti di industria (INPDAI) ha appurato che la modalità di calcolo pro rata sancita dalla L. n. 289/2002 di soppressione dell’INPDAI aveva effetti penalizzanti sul proprio trattamento pensionistico.
In particolare, la penalizzazione era data dalla cristalizzazione al 2002 della quota INPDAI (con conseguente calcolo di tale quota di pensione sulla base delle retribuzioni percepite in data di gran lunga inferiore alla cessazione del rapporto) e dal computo nella quota INPDAI dei periodi contributivi già oggetto di iscrizione all’INPS e di trasferimento all’INPDAI.
Per superare detta penalizzazione, il dirigente ha richiesto l’accertamento del proprio diritto a percepire un trattamento pensionistico non inferiore a quello previsto dal regime generale obbligatorio in virtù della clausola di garanzia già riconosciuta agli iscritti INPDAI dall’art. 3, D.Lgs. n. 181/1997.
I giudici di merito e di legittimità hanno riconosciuto tale diritto ritenendo che la clausola di garanzia sia applicabile al trattamento pro rata.
In particolare, la Suprema Corte ha rilevato che:
- La quota di pensione INPDAI non può essere inferiore, in virtù di tale garanzia, il trattamento previsto dall’assicurazione generale obbligatoria a parità di condizioni.
- La quota di pensione INPS è già liquidata con i criteri previsti dall’assicurazione generale obbligatoria.
- La complessiva pensione pro rata (data dalla quota INPDAI e dalla quota INPS) non può quindi essere inferiore a quella prevista, sempre a parità di condizioni, dall’assicurazione generale obbligatoria.
- I dirigenti ex INPDAI che hanno effettuato trasferimenti dall’INPS all’INPDAI e che sono andati in pensione a distanza di anni rispetto al dicembre 2002 possono superare la conseguente penalizzazione del criterio di calcolo pro rata invocando l’applicazione della clausola di garanzia.
In allegato: la Sentenza 13980/2018