Dopo l'accordo di metà dicembre tra Parlamento e Consiglio e il successivo stallo, dovuto in particolare a Francia e Italia, la presidenza belga del Consiglio dell'Unione europea ha trovato un nuovo compromesso con il Parlamento di Strasburgo in merito alla tutela dei lavoratori delle piattaforme online.
Rimane la presunzione di rapporto di lavoro subordinato, che scatterà tuttavia "secondo le normative nazionali e i contratti collettivi vigenti". Ad ogni Stato membro, in seguito al compromesso raggiunto, sarà in sostanza riservata una discrezionalità molto più ampia rispetto a quella che avrebbe avuto con il precedente accordo. Infatti, gli indicatori necessari a configurare la subordinazione non sono più precisati espressamente dalla direttiva, ma saranno appunto collegati alla “legge nazionale” e ai “contratti collettivi”. Viene così a mancare un criterio unico e tassativo a livello europeo.
E' stato invece confermato il principio di inversione dell'onere della prova, tale per cui la presunzione della subordinazione è superabile a condizione che le piattaforme riescano a dimostrare che il rapporto è effettivamente autonomo.
Infine, le nuove norme intervengono anche sulla tutela della privacy (le piattaforme non potranno trattare alcune categorie di dati come le opinioni personali o i rapporti con i colleghi) e sull’utilizzo degli algoritmi nella gestione dei rapporti di lavoro. La nuova direttiva dovrebbe garantire maggiore trasparenza sul funzionamento degli algoritmi e in particolare su come il comportamento dei lavoratori influisce sulle decisioni prese dai sistemi automatizzati. Decisioni come i licenziamenti o le sospensioni di account non potranno essere prese senza un controllo umano.
Per l'entrata in vigore della direttiva resta ad ogni modo da superare un ultimo passaggio, ovverosia l'approvazione formale del testo tanto da parte del Parlamento che dal Consiglio europeo; sarà poi compito dei singoli Stati membri recepirlo.