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Il diritto allo smart working e la compatibilità delle mansioni

Il Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, con Ordinanza 21 gennaio 2021, n. 5961 ha riconosciuto il diritto di una lavoratrice ad essere messa in smart working a causa delle sue condizioni di salute ed anche per assistere la madre ultraottantenne portatrice di handicap
03/02/2021
Il Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, con Ordinanza 21 gennaio 2021, n. 5961 ha riconosciuto il diritto di una lavoratrice di usufruire dello smart working dopo il ricorso d'urgenza presentato da quest'ultima contro la decisione della società datrice di lavoro che le aveva negatqo questa possibilità. Le motivazioni delle richiesta risiedevano tanto nelle condizioni di salute della lavoratrice quanto nella necessità di assistere la madre ultraottantenne portatrice di handicap, riducendo così il rischio per quest’ultima  di contrarre il Covid-19. La richiesta era stata presentata dopo lungo periodo di assenze per congedi a vario titolo ed essendo stata adibita da ultimo a mansioni di addetta alla compliance aziendale (non ancora esercitate per via delle continuative assenze).
 
Il Giudice del Tribunale di Roma ha evidenziato come l’art. 39 del D.L. n. 18/2020 richieda esclusivamente che la cosiddetta modalità agile “sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”. Stante la natura intellettuale del lavoro svolto dalla ricorrente, tale condizione è stata ritenuta pienamente soddisfatta, considerato altresì che lo smart working ha lo scopo di “incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” (art. 18, comma 1, L.n. 81/2017). Non essendo indispensabile la presenza fisica nella sede aziendale, non è stato quindi ravvisato alcun impedimento all'utilizzo della modalità lavorativa "smart".
 
Inoltre, il Giudice ha affermato che il mancato accoglimento dell’istanza cautelare avrebbe comportato un pericolo concreto di danno grave ed irreparabile alla salute ed all’integrità fisica della ricorrente e di sua madre, disabile e con lei convivente.  Il ricorso allo smart working avrebbe al contrario consentito alla ricorrente di rendere la prestazione lavorativa dal prioprio domicilio a evitando qualsiasi rischio di contagio da Covid-19 collegato sia allo spostamento con mezzi pubblici, che peraltro non avrebbe potuto prendere per le documentate patologie dalle quali risultava affetta,  sia alla fruizione di spazi comuni sul luogo di lavoro, riducendo altresì il rischio di contagio ai danni della madre, ultraottantenne disabile ex art. 3 comma 3 L. 104/92. Tale soluzione avrebbe altresì permesso, verosimilmente, alla lavoratrice di evitare di avere delle ricadute negative sul suo stato di salute che avrebbero comportato, in caso di ulteriore periodo di malattia, un concreto rischio di superare il periodo di comporto.
 
In conclusione, quindi, Il Giudice ha accolto il ricorso e ha dichiarato il diritto della ricorrente a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità “agile” ai sensi dell’art. 39 comma 1 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 sino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, attualmente previsto sino al 30.4.2021, e per l’effetto ha ordinato alla società resistente di consentire alla ricorrente lo svolgimento delle proprie mansioni in modalità di smart working.

 
 




 
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