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Detenzione di sostanze stupefacenti e licenziamento

La Suprema Corte (sentenza n.31531 del 3/12/2019) ha ritenuto legittimo un licenziamento di un lavoratore conseguente ad un patteggiamento per detenzione di sostanze stupefacenti, confermando che quest'ultima è idonea ad integrare la giusta causa
02/01/2020
Il lavoratore, licenziato per giusta causa a seguito di una sentenza di patteggiamento per detenzione di sostanze stupefacenti, ha impugnato il recesso per carenza di proporzionalità rilevando come i fatti fossero stati commessi al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro senza determinare pregiudizio alcuno sul rapporto lavorativo.
 
I giudici di merito hanno respinto il ricorso ritenendo correttamente interpretata ed applicata la norma contrattuale che prevede il recesso per giusta causa in caso di condanna passata in giudicato (cui è equiparata la sentenza di patteggiamento) per fatti che, pur non essendo connessi allo svolgimento del rapporto lavorativo, assumono rilievo ai fini della lesione del vincolo fiduciario.
 
La Suprema Corte ha condiviso tale statuizione rilevando come i giudici di merito abbiamo correttamente valutato la gravità del fatto (in relazione alla quantità di sostanze stupefacenti ed alla loro varia tipologia), l’elevato affidamento richiesto al dipendente in relazione alle sue mansioni (di incaricato di pubblico servizio ed a contatto con il pubblico e l’utenza) ed il pregiudizio all’immagine aziendale (dato dal ristretto ambiente sociale di svolgimento dei fatti).
 
I giudici di legittimità hanno quindi ritenuto la decisione di merito conforme al principio, già espresso in diverse pronunce, per cui “la detenzione, in ambito extralavorativo, di un significativo quantitativo di sostanze stupefacenti è idonea ad integrare la giusta causa di licenziamento, poichè il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta ma anche a non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario”.
 
Ciò pure considerando la natura dell’attività aziendale (servizio postale in regime di concessione) rispetto alla quale la stessa giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che “l'attività, dello Stato o degli enti pubblici, intesa a soddisfare pubblici interessi … può essere svolta … come attività della pubblica amministrazione … oppure attraverso un'attività privatistica … Quest'attività privatistica può essere svolta, come avviene spesso e in particolare per il servizio postale, mediante la costituzione di società con capitale prevalentemente o totalmente pubblico …. l'impegno di capitale pubblico e la pubblicità del fine perseguito, che sottomettono l'attività svolta ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui agli artt. 3 e 97 Cost., non è senza riflesso nei doveri gravanti sui lavoratori dipendenti, che debbono assicurare affidabilità, nei confronti del datore di lavoro e dell'utenza, anche nella condotta extralavorativa".

 
 




 
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