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Assenze per patologie oncologiche escluse dal comporto anche se non previsto dal ccnl

Le giornate di ricovero per interventi chirurgici tumorali e quelle relative ai cicli per lo svolgimento delle relative terapie oncologiche (chemioterapia, radioterapia, etc.) non rientrano nel computo dei giorni di malattia, anche in mancanza di espressa previsione del contratto collettivo di riferimento
30/04/2023
Le giornate di ricovero per interventi chirurgici tumorali e quelle relative ai cicli per lo svolgimento delle relative terapie oncologiche (chemioterapia, radioterapia, etc.) non rientrano nel computo dei giorni di malattia, anche in mancanza di espressa previsione del contratto collettivo di riferimento.
 
Questo il principio espresso dal Tribunlae di Roma con la sentenza 9384 del 2 gennaio 2023, che ha espressamente previsto che le suddette assenze non devono essere conteggiate ai fini del superamento del periodo in cui è prevista la conservazione del rapporto di lavoro in caso di malattia.
 
Si tratta di una decisione in netta controtendenza con il generale principio sino ad oggi espresso, secondo il quale il diritto allo scorporo dal periodo di comporto dei giorni di assenza per malattia dei lavoratori affetti da patologie gravi che richiedano terapie salvavita sussite nel caso in cui il ccnl di riferimento preveda espressamente tale beneficio.
 
Affinché possa effettivamente parlarsi di “terapia salvavita” è necessario il concorso di due requisiti: i) l’esistenza di una patologia cronica grave ma non totalmente incompatibile con lo svolgimento delle proprie mansioni, ii) la necessità che il lavoratore, a causa della malattia, effettui  un ciclo di esami/accertamenti/cure volte a contrastare il suddetto stato morboso, la cui assenza sarebbe di per sé produttiva di incapacità temporanea all’espletamento di attività lavorativa.
 
In particolare, l’accertamento della grave patologia, ai sensi del ccnl di settore, determina l’esclusione dal comporto delle assenze dovute sia ai giorni di ricovero ospedaliero (o di day hospital) necessarie all’effettuazione delle terapie, sia dei giorni di assenza correlati agli effetti collaterali di dette terapie.
Il caso preso in esame dal giudice capitolino riguarda il contratto collettivo portieri che, all’art. 90, se da un lato non prevede, tra i casi di esclusione dal calcolo del comporto, le assenze per lo svolgimento delle terapie salvavita, dall’altro disciplina espressamente alcune eccezioni, vale a dire i gioni necessari alla fecondazione assistita e quelli per le cure elio-balneo-termali.
 
Secondo il tribunale “la peculiarità e la gravità della malattia oncologica (si trattava, nel caso di specie, di un carcinoma mammario cui conseguivano numerosi cicli di chemio e radioterapia) non possono non indurre ad interpretare le eccezioni previste nell’art. 90 in modo estensivo, con esclusione quindi dal novero dei gioni computabili come malattia, dei giorni di ricovero ospedaliero e di quelli necessari alle conseguenti terapie”; ciò in quanto, a detta del giudice di prime cure, in presenza di tali patologie nasce l’esigenza di “considerare prioritario il diritto alla salute ex articolo 32 Cost”, con conseguente illegittimità del provvedimento espulsivo adottato dal datore di lavoro.
Il principio espresso non è del nuovo nel nostro ordinamento giurisprudenziale, atteso che in ordine ad un caso simile si era già espressa, con sentenza n. 28/2021, la Corte Costituzionale.
Il Giudice delle Leggi, nella specie, con riferimento ai dipendenti pubblici, era intervenuto al fine di dichiarare costituzionalmente illegittimo l’art. 68, co. 3, D.P.R. n. 3/1957 (c.d. Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) nella parte in cui, nel caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei 18 mesi di assenza consentita per malattia i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli dovuti alle conseguenze documentate e certificate delle terapie in questione.
 
Premesso che per i lavoratori (pubblici e privati) la malattia quale causa di sospensione del rapporto lavorativo è disciplinata dall’art. 2110 c.c. che rinvia, per gli aspetti quantitativi e temporali, alla legge o al ccnl di riferimento, la Corte ha sancito il contrasto di detta disposizione con i principi costituzionali di uguaglianza e salute previsti dagli artt. 3 e 32 Cost., in quanto rappresenterebbe “la manifestazione di un ritardo storico del legislatore rispetto alla contrattazione collettiva” che “con la sua naturale dinamicità, è stata in grado di tener conto del progressivo sviluppo dei protocolli di cura per le gravi patologie e in particolare delle cosiddette terapie salvavita con i loro pesanti effetti invalidanti”.
 
La disciplina in questione, in ogni caso, non comporta alcuna novità per il settore della sanità privata, in quanto già il ccnl per il personale dipendente delle strutture associate ad ARIS, AIOP e Fondazione Don Gnocchi 2002-2005 (e confermato nel vigente ccnl sottoscritto l’8 ottobre 2020) prevedeva espressamente che “in caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita ed altre ad esse assimilabili (…) come ad esempio l’emodialisi, la chemioterapia…” (ed altre ad esse assimilabili) i giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti all’effettuazione delle terapie connesse (nonché quelli legati agli effetti collaterali delle terapie che comportino incapacità lavorativa) sono esclusi dal computo delle giornate di assenza utili ai fini del recesso dal rapporto per superamento del periodo di comporto.
Quanto sopra purché la sussistenza delle particolari patologie richiedenti le terapie salvavita sia attestata dalle competenti strutture medico-legali delle ASL o dalle strutture accreditate o, ancora, da quelle con competenze mediche delle pubbliche amministrazioni e sempreché i giorni di assenza dovuti al ricovero ospedaliero, alle terapie e agli effetti collaterali delle stesse siano debitamente certificati dalle competenti strutture del SSN o dalle strutture accreditate ove è stata effettuata la terapia ovvero dall’organo medico competente.
Formulazioni simili sono contenute anche nel ccnl ARIS per il personale dipendente da RSA e CDR e nel ccnl ARIS-CIMOP per la dirigenza medica della sanità privata, ma non (ancora) nel ccnl ARIS-ANMIRS per la Dirigenza Medica degli Ospedali Classificati.
 
 
 
 
LA SENTENZA N. 9384/2023 DEL TRIBUNALE DI ROMA
Con la sentenza n. 9384/2023 pubblicata il 2 gennaio, il Tribunale di Roma si è espresso in favore dello scomputo, dal calcolo dei giorni di comporto, delle assenze del lavoratore che siano dovute al ricovero ospedaliero per un intervento chirurgico tumorale, nonché quelle successive per le terapie chemioterapiche e radioterapiche legate alla patologia oncologica.
Il Tribunale ha ritenuto che, laddove il CCNL stabilisca che le assenze dal lavoro dovute a specifiche patologie non devono essere conteggiate tra i giorni di comporto, si rende necessaria una interpretazione estensiva che consente di ricomprendere nella medesima esclusione anche patologie caratterizzate da significativa peculiarità e gravità come le malattie tumorali, anche se non espressamente menzionate.
Le assenze da lavoro dovute a patologie oncologiche: cos’è il periodo di comporto 
Il periodo di comporto è il lasso di tempo, definito dai CCNL di settore, in cui il lavoratore, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto di lavoro.
L’arco temporale di riferimento per calcolare il periodo di comporto può essere l’anno di calendario, cioè il lasso di tempo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ogni anno, ovvero l’anno solare, cioè i 365 giorni decorrenti, a ritroso, dall’ultimo episodio morboso.
Inoltre, con riferimento alla modalità di calcolo, il comporto può essere di due tipi a seconda delle previsioni del CCNL applicato.
Il comporto è “secco” quando il periodo di tempo in cui il lavoratore gode del diritto alla conservazione del posto è riferito ad un’unica e ininterrotta malattia di lunga durata.
Il comporto è “per sommatoria” o “frazionato” se le norme contrattuali prevedono un arco temporale in cui la somma dei vari periodi di malattia non può superare un determinato limite, ad esempio un tetto massimo di 180 giorni nell’arco di un anno solare.
A norma dell’art. 2110 c.c., quando il lavoratore abbia superato il limite delle assenze per malattia garantito dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro ha la facoltà di recedere dal contratto, procedendo, quindi, al licenziamento.
Tale regola generale trova, tuttavia, la sua eccezione nell’ipotesi in cui le assenze dal lavoro si siano rese necessarie per malattie o infortuni determinati da condizioni di lavoro inadeguate e, dunque, quando il datore di lavoro sia responsabile della situazione nociva e dannosa per non aver posto in essere le misure necessarie per la tutela dell’integrità fisica del lavoratore.
La contrattazione collettiva, con specifiche previsioni, può estendere il periodo di comporto prevedendo che, le assenze fatte dal lavoratore, per malattie particolarmente gravi e per i giorni di ricovero ospedaliero alle stesse connesso, debitamente certificate, non concorrono nel calcolo dei giorni utili alla conservazione del posto di lavoro, superati i quali può, come detto, scattare il licenziamento.
Alcuni CCNL, per esempio, escludono dal calcolo del comporto i giorni di assenza dovuti a ricovero ospedaliero per patologie particolarmente lunghe, gravemente invalidanti, caratterizzate dalla necessità di cure post-operatorie, terapie salvavita e situazioni analoghe.
Come già chiarito dalla Circolare del Ministero del Lavoro n. 40/2005, tali ipotesi si rivelano particolarmente significative con riferimento a lavoratori affetti da malattie oncologiche, che spesso necessitano di un periodo di comporto più ampio rispetto a quello previsto in via ordinaria.
Si tratta, dunque, di previsioni di favore per il lavoratore che, tuttavia, spesso sono formulate in modo vago e, di norma, si esprimono in via puramente esemplificativa.
Per tale ragione è nota la necessità di comprendere quali altre patologie, pur non espressamente menzionate dalle norme del CCNL, possono comunque godere dell’esenzione dal comporto.
Le assenze da lavoro dovute a patologie oncologiche: la sentenza n. 9384/2023 del tribunale di Roma.
Il caso concreto
Una donna, alla quale era stato intimato il licenziamento per superamento del periodo di comporto, adiva il giudice del Lavoro di Roma contestando l’illegittimità del provvedimento.
La ricorrente lamentava che il licenziamento era stato irrogato durante il periodo di malattia, ma soprattutto che il datore di lavoro aveva ricompreso nel calcolo anche quei giorni di assenza dovuti a ricovero ospedaliero, day hospital, nonché quelli per eseguire le terapie necessarie in ragione della patologia sofferta.
Occorre precisare che il CCNL applicato alla ricorrente prevede specificatamente delle eccezioni, che escludono dal calcolo dei giorni di comporto i “giorni necessari alla fecondazione assistita e quelli necessari per le cure elio-balneo-termali”.
Il Giudice del lavoro ha reputato doveroso operare mediante una interpretazione estensiva delle norme contrattuali, per cui anche laddove il CCNL non prevedesse una specifica “esenzione” con riferimento alle patologie tumorali ma contemplasse altre gravi patologie le cui assenze non concorrono nel computo del comporto, una interpretazione in senso estensivo delle relative disposizioni consente di ricomprendere, nella stessa esenzione, altre gravi malattie come, appunto, quelle di tipo oncologico.
Il Tribunale ha correttamente ritenuto che “la peculiarità e gravità delle malattie tumorali è tale per cui non possono non indurre ad interpretare le eccezioni in modo estensivo, con esclusione, quindi, dal novero dei giorni computabili come malattia, dei giorni di ricovero ospedaliero e di quelli necessari alle conseguenti terapie”.
Nonostante le patologie non siano disciplinate in modo omogeneo nei CCNL di settore, molti di essi contemplano, tra le ipotesi escluse dal calcolo dei giorni di comporto, proprio le malattie di tipo tumorale in ragione della loro gravità e della invasività delle relative terapie.
Tale circostanza consentirebbe di ampliare tali previsioni a quei rapporti di lavoro regolati da una contrattazione collettiva che non prevede esimenti specifiche.
Secondo il Giudice del Lavoro di Roma, l’art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute gioca un ruolo decisivo nella vicenda, imponendo un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme collettive, nel senso di estendere le eventuali esenzioni già previste dal CCNL anche ad altre ipotesi, connotate da una condizione di analoga gravità, come le patologie tumorali.
Sulla base di tali presupposti, il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso, stabilendo che il periodo di comporto non doveva ritenersi superato e ordinava, quindi, la reintegra della lavoratrice nel proprio posto di lavoro, nonché il pagamento di un indennizzo commisurato all’ultima retribuzione di fatto goduta.
Le assenze da lavoro dovute a patologie oncologiche non ricadono nel periodo di comporto : qualche riflessione
La sentenza sembra assolutamente condivisibile e apprezzabile nell’ottica di una sempre più ampia apertura della giurisprudenza verso la tutela del diritto alla salute e della parità di trattamento.
L’ordinamento giuridico italiano non prevede una specifica regolamentazione in materia di patologie da scomputare dal calcolo dei giorni di assenza in cui al lavoratore è, comunque, garantita, la conservazione del posto di lavoro.
La legge rinvia alla sua sede naturale, la contrattazione collettiva: questo, inevitabilmente, comporta una molteplicità di regole disomogenee a seconda del CCNL applicato.
La coesistenza di regole profondamente diverse, che pure disciplinano la medesima situazione, è suscettibile di determinare una disparità di trattamento tra lavoratori privati e pubblici.
Quasi tutti i contratti collettivi del settore pubblico, infatti, prevedono che, in caso di gravi patologie che richiedano terapie salvavita e altre assimilabili, a titolo d’esempio emodialisi, chemioterapia, i trattamenti per i soggetti affetti da patologie quali HIV-AIDS, sono esclusi dal computo dei giorni di comporto non solo i giorni di ricovero ospedaliero o day hospital, ma anche i giorni di assenza dovuti a tali terapie purché debitamente certificati.
Un’eventuale disparità di trattamento può verificarsi, altresì, tra gli stessi lavoratori del settore privato appartenenti a categorie diverse e ai quali, quindi, vengono applicati differenti CCNL.
Nell’ottica di ridurre, o in qualche misura attenuare, tale inevitabile disparità tra i lavoratori, in una materia così delicata quale quella delle assenze per malattia, si accoglie favorevolmente la sentenza del Tribunale di Roma che apre ad una interpretazione estensiva delle norme contrattual-collettive in materia di comporto. 

 
 




 
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