In tema di interposizione di manodopera, affinché possa configurarsi un genuino appalto di opere o servizi ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003, è necessario verificare, specie nell’ipotesi di appalti ad alta intensità di manodopera (c.d. labour intensive), che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa.
Lo conferma la sentenza 18455/23 della Suprema Corte, secondo la quale si configura un appalto illecito di manodopera quando i poteri direttivo e organizzativo sono affidati al committente. I giudici di legittimità sottolineano che se l’appaltatore utilizza capitale, attrezzature e macchine fornite dell’appaltante, si ha uno pseudappalto solo se l’apporto dell’appaltatore diviene marginale o accessorio, elemento che va concretamente accertato dal giudice. Nel caso in cui l’appaltante fornisca macchinari e attrezzature, ma sia l’appaltatore a conferire capitale ulteriore per sostenere il costo del lavoro, assumendo rilievo preminente, l’appalto va comunque ritenuto genuino.