Con l’ordinanza n. 21453 del 06.07.2022, la Suprema Corte ha stabilito che il lavoratore, reintegrato in servizio a seguito dell'accertamento dell'inefficacia del termine apposto al contratto stipulato con il cedente, deve essere considerato, per gli effetti ripristinatori della sentenza, parte integrante dell'azienda al momento della sua cessione. Pertanto, esso è da considerarsi trasferito ex lege alle dipendenze del cessionario.
Il fatto affrontato dai giudici di legittimità riguarda il ricorso di un lavoratore ricorre giudizialmente al fine di accertare l’illegittimità del termine apposto al suo contratto di lavoro. La Corte d’Appello accoglieva il ricorso, disponendo la reintegra del medesimo alle dipendenze della società che, nel frattempo, aveva acquistato il compendio aziendale (inclusi i dipendenti) dell’originaria datrice.
L’ordinanza della Cassazione rileva, preliminarmente, che l'applicazione dell’art. 2112 c.c. non risulta preclusa dalla circostanza che il rapporto di lavoro in questione non sia, di fatto, operante al momento del trasferimento. Per la Suprema corte, infatti, ciò che rileva è che il rapporto con il cedente sia, o possa essere, in atto, per effetto di una controversia giudiziaria anche successiva al trasferimento.
Secondo la sentenza, ne consegue che in caso di esito positivo della controversia, i relativi effetti ripristinatori hanno valore ex tunc e, quindi, il lavoratore dev’essere considerato parte integrante dell’azienda al momento della sua cessione.