Alcuni lavoratori dipendenti di una nota azienda metalmeccanica che non avevano contratto alcuna patologia asbesto-correlata hanno rivendicato il risarcimento del danno morale patito per lo svolgimento della prestazione lavorativa in ambiente contaminato da amianto.
La domanda, accolta in primo grado, è stata respinta dalla Corte di appello di Genova per carenza di prova in ordine al turbamento psichico ed alla sofferenza maturata.
La Suprema Corte ha confermato tale pronunciando ritenendo da un lato che il danno morale patito per la prestazione di attività lavorativa in ambiente potenzialmente nocivo può essere risarcito a prescindere dalla contrazione di una patologia e relativa lesione dell’integrità psico-fisica e, dall’altro, che il lavoratore debba provare di aver subito un effettivo turbamento psichico (sofferenze e patemi d’animo) non potendo tale situazione desumersi dalla mera prestazione di attività lavorativa in ambiente inquinato