I presidenti della commissione Lavoro della Camera e del Senato, Cesare Damiano (Pd) e Maurizio Sacconi (Epi), chiedono una norma nella prossima legge di bilancio che sospenda o posticipi il prossimo passaggio automatico ai 67 anni, reso obbligatorio dalla riforma Fornero che aggancia l'età della pensione all'aspettativa di vita. La proposta è stata lanciata da Damiano e Sacconi (entrambi ex ministri del lavoro) con una conferenza stampa congiunta per lanciare un appello al Governo e al Parlamento.
Entrambi i promotori fanno appello al buon senso affinché, fatti salvi gli obiettivi di sostenibilità su lungo periodo, si possa porre rimedio a una riforma caratterizzata "dalla totale assenza di nome di transizione" e da una "logica tecnocratica" che non solo minerebbe la fiducia dei lavoratori nel sistema previdenziale facendo continuamente slittare in avanti l'età pensionabile in base alle aspettative di vita calcolate dall’Istat, ma produrrebbe un paradossale "meccanismo perverso" tale per cui "più tardi si va in pensione, peggio agiscono i coefficienti di trasformazione, annullando gli effetti positivi dei nuovi anni che si vanno ad aggiungere".
Stando agli scenari demografici Istat a gennaio 2019 l’età per la pensione di vecchiaia salirebbe da 66 anni e 7 mesi a 67 anni. Poi si andrebbe a 67 anni e 3 mesi nel 2021, 68 anni e 1 mese nel 2031, 68 anni e 11 mesi nel 2041, 69 anni e 9 mesi nel 2051.
La proposta dei presidenti è invece “un rinvio strutturale dell’adeguamento dell’eta’ di pensione all’aspettativa di vita”, orientata ad inserire nella prossima manovra di bilancio, con la relativa copertura (tra 1,2 e 1,5 miliardi) una norma per allungare l’adeguamento (ad esempio a cinque anni) o evitare lo scatto nel 2019.