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Il dovere di fedeltà del lavoratore licenziato

Il dovere di fedeltà del lavoratore nei confronti del datore di lavoro permane non solo durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, con ripristino della situazione precedente, perfino durante il processo e dopo la sentenza di reintegra
20/11/2017
Il dovere di fedeltà del lavoratore nei confronti del datore di lavoro permane non solo durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, con ripristino della situazione precedente, perfino durante il processo e dopo la sentenza di reintegra. Così la Corte di Cassazione come stabilito dalla sentenza n. 25654 del 27 ottobre.
 
La corte ha deliberato sul caso di un lavoratore, già reintegrato in servizio a seguito di pronuncia di illegittimità di un precedente licenziamento ed esonerato dalla prestazione lavorativa, il quale era stato nuovamente licenziato per violazione del divieto di concorrenza avendo la società appurato che aveva collaborato con una impresa concorrente nelle operazioni prodromiche all’apertura di un punto vendita della concorrente. I giudici di merito avevano respinto l’impugnazione del licenziamento ritenendo violato da parte del lavoratore il dovere di fedeltà sancito dall’art. 2105 c.c.
 
La Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito rilevando che per un onere di coerenza con la volontà di prosecuzione del rapporto il lavoratore che impugna il licenziamento e chiede la reintegra nel posto di lavoro sia tenuto ad osservare il dovere di fedeltà ex art. 2105 c.c. salva la necessità di reperire fonti di sostentamento alternative alla retribuzione perduta, necessità che può consentire il reperimento di altra occupazione presso imprese concorrenti
 
La Cassazione ha così confermato la sentenza di merito ritenendo correttamente applicato tale principio da parte dei giudici di appello che da un lato avevano affermato la permanenza del vincolo di fedeltà nonostante l’esonero dalla prestazione lavorativa e, dall’altro, avevano accertato la possibilità del lavoratore di reperire altra occupazione in ambiti non concorrenziali.

 
 




 
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