Il Tribunale di Roma aveva accertato l’illegittimità dell’appalto e, conseguentemente, aveva ordinato al committente il ripristino del rapporto lavorativo alle sue dirette dipendenze.
Nonostante la messa in mora di vari lavoratori, il committente non aveva ottemperato a tale ordine.
I lavoratori – che nelle more del giudizio avevano continuato a lavorare alle dipendenze dell’appaltatore – avevano agito in via monitoria nei confronti del committente per ottenere il pagamento della retribuzione.
Tale pretesa era stata respinta dai giudici di merito rilevando che l'omesso ripristino del rapporto di lavoro, pur a fronte dell’offerta della prestazione lavorativa, poneva a carico del datore di lavoro un mero obbligo risarcitoria con conseguente facoltà di eccepire l’aliunde percepetum dato, nel caso di specie, dalla retribuzione corrisposta dalla società appaltatrice.
I lavoratori hanno impugnato la sentenza invocando il proprio diritto alla retribuzione.
La questione – ritenuta di massima importanza – è stata assegnata alle Sezioni Unite che hanno confermato, con diversa motivazione, la sentenza di merito.
In particolare, le Sezioni Unite hanno ritenuto che:
- ove venga accertata l'illegittimità di un appalto per intermediazione di manodopera e, conseguentemente, venga dichiarata l'esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in capo al committente, l'omesso ripristino del rapporto di lavoro determina l'obbligo del committente di corrispondere le retribuzioni, a decorrere dalla messa in mora;
- ove i lavoratori proseguano il rapporto di lavoro alle dipendenze dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 27, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003 i pagamenti effettuati dall’appaltatore hanno efficacia liberatoria per il committente.
L’applicazione dell’art. 27, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003 consente peraltro di superare l’automatico obbligo retributivo anche in caso di risoluzione del rapporto lavorativo con l’appaltatore
Tale norma prevede infatti nel secondo capoverso che “Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione”
Ove il datore di lavoro – appaltatore provveda al licenziamento (nelle more del giudizio di intermediazione), salva l’impugnazione da parte del lavoratore, il rapporto deve ritenersi risolto con il medesimo committente
In tal senso si è già pronunciata la Suprema Corte (Cass. n. 17696/2016) ritenendo che, in caso di contestata intermediazione di manodopera, il lavoratore debba impugnare nei confronti del committente il licenziamento irrogato dall’appaltatore
In termini analoghi, la giurisprudenza di merito (Trib. Modena, 13.4.2015) ha ritenuto che le dimissioni presentate dal lavoratore abbiano effetti nei confronti del committente