Il lavoratore, assente per 545 giorni, è stato licenziato per superamento del periodo di comporto, determinato dal CCNL di riferimento in 18 mesi.
La controversia è insorta circa il criterio di calcolo del comporto mensile.
In particolare, il datore di lavoro ha considerando convenzionalmente 30 giorni per ciascun mese individuando il comporto in 540 giorni mentre il lavoratore ha invocato il calcolo secondo il calendario comune mediante una proporzione rispetto al numero di giorni annui (365:12X18=547,56 giorni).
I giudici di merito – Tribunale e Corte di appello di Milano – hanno respinto il ricorso promosso dal lavoratore ritenendo corretto, in relazione alla formulazione della norma contrattuale, il computo convenzionale adottato dal datore di lavoro
Il ricorso promosso dalla Suprema Corte ha cassato la pronuncia ritenendo, all’opposto, che il criterio di calcolo corretto sia quello discendente dal calendario comune. Ciò considerando sia la divergenza del criterio convenzionale rispetto alla durata effettiva dell’anno solare (360 giorni secondo quello convenzionale a fronte dei 365 giorni di calendario comune) sia la disparità di trattamento tra comporto per sommatoria e comporto per malattia unica nel quale il termine è naturalmente computato secondo il calendario comune.
La Corte di Cassazione ha inoltre ritenuto che il riferimento nella norma contrattuale al calendario comune per la sola fattispecie dell’interruzione delle ferie per sopravvenuta malattia non consentiva di desumere, a contrario, l’irrilevanza del calendario comune per il computo del comporto determinato in mesi.