È legittimo il rifiuto opposto dal lavoratore al trasferimento ad altra unità produttiva, in reazione all’ illegittima condotta del datore, il quale abbia eluso il comando giudiziale di reintegra dello stesso lavoratore nel luogo e nelle mansioni originariamente svolte: queste le conclusioni dalla Suprema corte nell'ordinanza 16206/2022.
Il fatto affrontato dai giudici di legittimità riguarda un lavoratore ricorso in giudizio contro il licenziamento irrogatogli per non essersi presentato nella sede aziendale ove era stato assegnato a seguito della reintegra disposta giudizialmente come conseguenza di un precedente recesso dichiarato infondato. Il lavoratore fondava il ricorso sulla deduzione che il trasferimento disposto, senza alcuna motivazione, dall’azienda datrice dovesse ritenersi illecito, posto che la sentenza di reintegra prevedeva che la stessa avvenisse nel luogo e nelle mansioni originarie.
L’ordinanza della Corte di Cassazione rileva che, qualora il lavoratore non dia esecuzione al provvedimento datoriale di trasferimento, è necessario operare una valutazione che verifichi la sussistenza o meno della buona fede nel comportamento del dipendente.
Per la sentenza, detta indagine, in coerenza con le richiamate caratteristiche del rapporto di lavoro, dovrà essere condotta sulla base delle concrete circostanze che connotano la specifica fattispecie.
In particolare, dovrà tenersi conto della entità dell'inadempimento in relazione:
- al complessivo assetto di interessi regolato dal contratto;
- alla concreta incidenza del trasferimento su fondamentali esigenze di vita e familiari del lavoratore;
- alla puntuale, formale esplicitazione delle ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del provvedimento di trasferimento;
- alla incidenza del comportamento del lavoratore sulla organizzazione datoriale e più in generale sulla realizzazione degli interessi aziendali.
Tutti questi elementi, secondo la sentenza, devono essere considerati nell'ottica del bilanciamento degli opposti interessi in gioco, anche alla luce dei parametri costituzionali di cui agli artt. 35, 36 e 41 Cost.
In base ai suddetti presupposti, i giudici di legittimità rigettano il ricorso della società, ritenendo proporzionata la reazione del lavoratore, a fronte della grave condotta societaria (protratta inottemperanza alla decisione giudiziale di reintegra e, successiva, sostanziale elusione della stessa).