La tardività manifesta ed ingiustificata della contestazione disciplinare costituisce un vizio sostanziale del recesso con conseguente applicazione della tutela risarcitoria piena.
Pronunciandosi relativamente ad un caso di tardività immotivata ed eclatante ((oltre due anni dalla conoscenza dei fatti) della contestazione disciplinare, la Suprema Corte ha delineato i criteri qualificatori della tardività, e relative conseguenze risarcitorie, valorizzando i termini dell'eccedenza temporale in rapporto all'affidamento che essa può creare in capo al lavoratore.
Le Sezioni Unite hanno quindi individuato le seguenti fattispecie:
1) tardività della contestazione "notevole ed ingiustificata" che costituisce una violazione di natura sostanziale in quanto l'inerzia prolungata "oltremodo" può essere considerata come una implicita dichiarazione, per fatti concludenti, dell'insussistenza di una infrazione da sanzionare o una rinuncia alla sanzione medesima con conseguente applicazione della tutela risarcitoria piena ex art. 18, comma 5, st.lav.
2) violazione dei termini previsti dal CCNL per la contestazione o irrogazione del licenziamento che costituisce una violazione di natura procedimentale con applicazione della tutela risarcitoria dimidiata ex art. 18, coma 6, st.lav.
La Corte non ha espressamente chiarito la natura di una tardività non eclatante - come quella oggetto di causa - ma dai riferimenti ripetuti al ritardo "notevole" ed "oltremodo" può ritenersi che abbia inteso limitare la qualifica di vizio sostanziale del recesso alle sole tardività manifeste ed arbitrarie con conseguente applicazione della tutela risarcitoria debole in ogni altro caso di tardività