Con l’ordinanza n. 1364 del 20 gennaio 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro, per assolvere l’obbligo di repechage, è tenuto esclusivamente a dimostrare l’inesistenza di posizioni vacanti compatibili con le mansioni del lavoratore, senza l’obbligo di estendere la ricerca a funzioni non strettamente correlate.
La vicenda riguarda un dipendente che ha impugnato giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, disposto a seguito della soppressione della sua posizione lavorativa. La Corte d’Appello ha rigettato il ricorso, ritenendo che la società avesse correttamente assolto l’obbligo di repechage valutando solo posizioni disponibili simili a quella del lavoratore.
Confermando tale orientamento, la Cassazione ha chiarito che il datore di lavoro non è tenuto a creare nuove posizioni o a modificare l’organizzazione aziendale per conservare il posto al lavoratore licenziato. Spetta unicamente all’imprenditore il potere di gestione aziendale, e il giudice non può imporre il mantenimento di una posizione lavorativa, neppure inferiore, in assenza di un posto vacante compatibile con la professionalità del dipendente.
Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento e l’adeguato assolvimento dell’obbligo di repechage da parte del datore di lavoro.