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Licenziamento collettivo e fungibilità delle funzioni

Con la sentenza 30865 del 26 novembre 2019 la Cassazione ha giudicato sul caso di un licenziamento collettivo impugnato da un lavoratore per violazioni sia procedurali sia dei criteri di scelta
13/12/2019

Il lavoratore, responsabile dell’Ufficio Marketing di una società fieristica, ha impugnato il licenziamento collettivo lamentando sia la violazione dei criteri di scelta, per la sua omessa comparazione con i dipendenti operanti in altri uffici aziendali, sia violazioni procedurali.

 

La Corte di appello di Roma ha ritenuto il licenziamento illegittimo solo per una violazione procedurale – invio della comunicazione di chiusura oltre il termine di 7 giorni previsto dall’art. 4, comma 9, L. n. 223/11991 – ritenendo che il datore di lavoro avesse correttamente esclusa la comparizione del lavoratore licenziato con gli addetti ad altri reparti stante la natura infungibile delle sue mansioni.

 

Il lavoratore ha impugnato tale sentenza per violazione dell’art. 5, comma 1, L. n. 223/1991 stante la limitazione della platea dei lavoratori licenziandi ad alcuni uffici – tra cui quello Marketing ove era addetto -  non configurabili come articolazioni aziendali.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito con una motivazione parzialmente diversa.

 

In particolare, i giudici di legittimità hanno ribadito il proprio consolidato orientamento circa la possibilità di limitare la platea dei lavoratori da licenziare solo in caso di  articolazioni aziendali sprovviste di indipendenza tecnico-amministrativa, insussistente nel caso de quo.

 

Ciò precisato, la Corte di Cassazione ha però ritenuto corretto il decisum stante l’accertamento operato dai giudici di merito circa l’infungibilità delle mansioni espletate dal lavoratore licenziato rispetto a quelle svolte dai dipendenti operanti in altri uffici, circostanza che, stante l’esubero della sua posizione lavorativa, avrebbe in ogni caso precluso la sua ricollocazione in altro ufficio.


 
 




 
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