La Cassazione si è espressa a partire da un caso di specie in cui, in sede di assunzione, la società aveva richiesto al candidato la presentazione del certificato penale e del certificato dei carichi pendenti e, rilevato che dalla certificazione presentata risultava la pendenza di un procedimento penale, aveva negato l’assunzione.
Il ricorso promosso dalla lavoratrice – che rivendicava il diritto all’assunzione in virtù del suo inserimento nella graduatoria di assunzione prevista da un accordo sindacale per la definizione del contenzioso pendente con i lavoratori già assunti a tempo determinato – è stato accolto dai giudici di merito sul rilievo che il CCNL di settore prevedeva tra i documenti da presentare in sede di assunzione esclusivamente il certificato dei carichi penali per cui l’estensione della richiesta al certificato dei carichi pendenti doveva ritenersi illegittima e, peraltro, contraria al principio di presunzione di non colpevolezza sancito dall’art. 27 Cost.
Tale decisione è stata confermata dalla Suprema Corte che ha condiviso l’interpretazione data dai giudici di merito alla norma contrattuale – inequivocabile nel suo tenore letterale nel riferimento al solo certificato penale – nonché l’impossibilità di procedere ad una interpretazione estensiva di tale norma stante la sua natura eccezionale rispetto all’art. 8 St. Lav. che vieta al datore di lavoro di effettuare indagini su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale.
I giudici di legittimità hanno altresì rilevato come l’acquisizione del certificato dei carichi pendenti e, a fortiori, la sua utilizzazione per negare l’assunzione si ponga in contrasto con la presunzione di non colpevolezza ex art. 27 Cost.