Conserva rilevanza penale, nel 2023, la condotta di indebita percezione del reddito di cittadinanza. Lo afferma la Cassazione con la sentenza n. 49047 della Terza sezione penale con la quale viene fornita una serie di indicazioni sulla disciplina attuale.
Il caso di specie concerne la condanna di un lavoratore per il delitto di cui all'art. 7, co. 2, DL 28 gennaio 2019 n. 4, confermato dalla Suprema corte. Secondo quanto accertato dai giudici di merito, l’imputato, nella veste di percettore del reddito di cittadinanza, aveva ripetutamente svolto lavori a tempo determinato per brevi periodi e omesso di comunicare all'INPS l’avvio di tali attività, né aveva fornito altre informazioni al riguardo; tale condotta integrava, dunque, gli estremi del reato in esame, che sanziona l'omessa comunicazione all'INPS nel termine di quindici giorni dall'inizio del rapporto di lavoro, delle variazioni di reddito o di patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, al fine di consentire all'ente previdenziale di revocare il beneficio ovvero di procedere alla riduzione dell'importo erogato.
Il fatto attribuito all’imputato, come da lui commesso, costituiva reato sia alla data di sua realizzazione sia, ancora, al momento della definizione del giudizio, restando irrilevante la successiva, ancorché anteriormente prevista, abrogazione della norma incriminatrice.