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Licenziamento individuale e criteri di scelta

La sentenza di Cassazione n. 25653 del 27 ottobre 2017 compie una ricognizione completa dei principi che governano i criteri di scelta del lavoratore da licenziare nell'ambito di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo
28/10/2017
Segnalazione con commento a cura dell'avvocato Andrea Uberti
 
La sentenza di Cassazione n. 25653 del 27 ottobre 2017 compie una ricognizione completa dei principi che governano i criteri di scelta del lavoratore da licenziare nell'ambito di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. La Sentenza si apprezza perché da un lato individua i limiti entro i quali è possibile evocare i criteri di cui all'articolo 5 della legge n.223 del 1991 sui licenziamenti collettivi (spesso evocati a sproposito), dall’altro precisa che ove pure nel licenziamento individuale occorra applicare un criterio di scelta, tale norma non è l'unica capace di oggettivizzare i principi di correttezza e buona fede, ben potendo esservi altri criteri parimenti legittimi. 
 
La sentenza individua le situazioni nelle quali il problema dei criteri di scelta non si pone, ossia quanto sussiste un nesso causale tra la ragione organizzativa o produttiva posta a fondamento del recesso ai sensi dell'articolo 3 della L. 604/1966 e la soppressione di quel posto di lavoro con quel lavoratore. In questi casi è la stessa causale del licenziamento che conduce alla esatta individuazione del soggetto da licenziare.
 
Nel caso analizzato in sentenza per esempio la ragione oggettiva del licenziamento risiedeva nella venir meno di un appalto e il licenziamento ha coinvolto tutti i lavoratori addetti all'appalto cessato, con ciò escludendo ogni problema di scelta.
Ben diversamente, solo quando il giustificato motivo oggettivo si identifica in una generica esigenza di riduzione di personale omogeneo e fungibile la scelta del soggetto da licenziare impone al datore di lavoro taluni limiti che derivano sia dal divieto di atti discriminatori, sia dalle regole di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c.
 
Solo in questi casi la giurisprudenza e si è posto il problema di individuare criteri oggettivi conformi a correttezza e buona fede ed ha spesso ritenuto di individuarli nell'art 5 della legge n 223 del 1991 per i licenziamenti collettivi. La cassazione precisa tuttavia che non si tratta di una applicazione analogica di tale norma, ma del semplice riferimento per oggettivizzare correttezza e buona fede ben potendo questi stessi principi essere integrati anche da altri criteri, purché non arbitrari ma improntati a razionalità e graduazione delle posizioni dei lavoratori. 

 
 




 
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