Ai fini della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, è sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro causalmente determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa. Così si evince dalla sentenza della Cassazione Civile, Sezione Lavoro,del 12 aprile 2018 n. 9127.
Nel caso di specie, il lavoratore era stato licenziato a seguito della soppressione del suo posto di lavoro e dell’affidamento di parte delle sue mansioni ad altri dipendenti.
I giudici di merito, pur accertate tali circostanze, hanno annullato il licenziamento rilevando come il datore di lavoro non avesse provato che tale riorganizzazione era volta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti che, influendo sulla normale attività produttiva, imponevano una riduzione dei costi.
La Suprema Corte ha cassato tale pronuncia ribadendo che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non richiede un andamento economico negativo dell’impresa (con conseguente esigenza di riduzione dei costi) bensì unicamente una modifica dell’organizzazione produttiva incidente sull’organico lavorativo (con soppressione di un posto di lavoro, come nel caso de quo).
I giudici di legittimità hanno altresì ricordato come la riorganizzazione (rectius, soppressione della posizione lavorativa) possa essere finalizzata ad una migliore efficienza gestionale o produttiva ovvere ad un incremento della redditività d’impresa