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Paolo Tosi: “Ecco come governare il fenomeno gig economy”

Sull'edizione milanese di Repubblica il professor Tosi esprime il suo punto di vista su come il diritto del lavoro può adeguarsi ai cambiamenti innescati dall’innovazione digitale
05/11/2018
5 novembre 2018 
La Repubblica 
 
Paolo Tosi: “Ecco come governare il fenomeno gig economy” 
 
Dal 25 al 27 ottobre si è tenuto a Bologna il convegno 2018 dell’AGI, l’associazione degli avvocati giuslavoristi italiani, riuniti, assieme a rappresentanti della politica e delle parti sociali, per parlare di “Lavoro 4.0”. Un’occasione importante per riflettere su come il diritto del lavoro può adeguarsi ai cambiamenti innescati dall’innovazione digitale.
 
Su questi temi abbiamo chiesto un parere al professor Paolo Tosi, membro del comitato scientifico di AGI, che ha vissuto in prima persona uno dei primi e più significativi casi di attrito tra nuove forme di lavoro introdotte dalla piattaforme digitali (la cosiddetta gig economy) e vecchie categorie giuridiche. Assieme ai colleghi avvocati Ornella Girgenti e Giovanni Realmonte ha infatti difeso la multinazionale tedesca Foodora nella causa intentata da alcuni rider che chiedevano di essere considerati lavoratori subordinati anziché autonomi.  
 
La sentenza del Tribunale del lavoro di Torino, che ha dato ragione a Foodora ed ha avuto una vasta eco mediatica, è stata a suo modo storica. Ma la giurisprudenza, sostiene il professor Tosi, non può da sola colmare il vuoto legislativo in cui le nuove modalità dei rapporti di lavoro prendono forma.
 
Perché sostiene che l’attuale quadro legislativo non è adeguato?
Gli interventi di riordino delle tipologie contrattuali adottati negli ultimi anni dal legislatore hanno avuto l’obiettivo di ricondurre il più possibile nell’alveo del lavoro subordinato le attività lavorative coordinate tramite strumenti digitali. Questi interventi, tuttavia, si sono rivelati incapaci di ottenere lo scopo desiderato né hanno dato risposta alle sollecitazioni provenienti dalle nuove forme di lavoro generate dalla gig-economy.
 
Lei sostiene che si è cercato di allargare artificiosamente l’ambito di applicazione della disciplina del lavoro subordinato?  
Sì, peraltro senza riuscirci. Penso in particolare all’art. 2, comma 1, d. lgs. n. 81/2015 che io ho definito una norma “apparente” in quanto non permette di individuare una fattispecie più ampia di quella dell’art. 2094 del codice civile (lavoro subordinato).  Una impossibilità che, a proposito del caso Foodora, ha portato il giudice del Tribunale di Torino a riconoscere l’inutilità dell’art. 2, comma 1.
Un altro intervento che non è stato in grado di generare effetti significativi è l’integrazione apportata nel 2017 alla definizione dell’art. 409, n. 3, cod. proc. civ. (c.d. parasubordinazione con un suo apparato di tutele) con la precisazione che è esclusa la subordinazione se le modalità di coordinamento della prestazione sono stabilite di comune accordo tra fruitore e prestatore e questi “organizza autonomamente l’attività lavorativa”. Ma al di la delle questioni tecniche, in realtà è la logica stessa di tali interventi legislativi a sembrarmi un po’ miope.
 
In che senso?
Nella “terra di mezzo” tra autonomia e subordinazione esiste un’area socialmente e giuridicamente insopprimibile, quella del rapporto di lavoro coordinato e continuativo senza vincolo di subordinazione. Il legislatore avrebbe dovuto e dovrebbe valorizzare anziché marginalizzare questa fattispecie prevedendo la riconduzione ad essa, e quindi alle tutele alla stessa correlate, di tutta la multiforme area delle prestazioni coordinate attraverso piattaforme informatiche.
 
All’atto pratico, cosa si aspetta dal legislatore?
Io suggerirei un intervento integrativo dell’art. 2 del d. lgs. 81/2015 che consentirebbe di dare risposta adeguata alle esigenze di tutela dell’intera area della cosiddetta gig economy. Immagino una norma che imponga l’applicazione della disciplina prevista per le collaborazioni coordinate e continuative senza vincolo di subordinazione a tutti i casi in cui risulti di fatto un coordinamento senza vincolo di subordinazione. Questo anche se le parti non sono obbligate rispettivamente ad offrire e richiedere la prestazione e la collaborazione è svolta con continuità pur se saltuariamente nell’arco della giornata, del mese, dell’anno. Una norma di questo genere offrirebbe una buona soluzione a gran parte delle difficoltà attuali.
 
 
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