Il potere di adottare in piena autonomia decisioni relative alla sicurezza, in forza di una procura speciale, e di svolgere funzioni di prevenzione, non è sufficiente per considerare il delegato alla sicurezza la figura apicale con funzioni di gestione (articolo 5 lettera a) del Dlgs 231/2001) tale da far scattare la responsabilità dell’ente. Neppure la firma del documento di valutazione del rischio, atto comunque non delegabile dal datore di lavoro, determina il ruolo di vertice.
Così stabilisce la sentenza n. 34943 del 21 settembre 2022 della Corte di Cassazione, che accoglie così il ricorso di una Srl contro la sentenza della Corte d’Appello che l’aveva condannata per l’illecito amministrativo con rinvio. La sentenza di appello, nell'attribuire la responsabilità del reato al delegato, lo considerava come equiparato a un dirigennte aziendale.
La Suprtema corte accoglieva invece la tesi della difesa, precisando che l’operatività della delega di funzioni, in materia di prevenzione sul lavoro, non implica il riconoscimento di poteri di amministrazione, di gestione o di rappresentanza «che coinvolgono l’ente nel suo complesso ovvero una articolazione organizzativa dello stesso». Nessuna posizione assimilabile a quella di amministratore, poteva derivare da una delega in virtù della quale c’era un margine di spesa limitato (25 mila euro) e un’autonomia circoscritta alla sicurezza sul luogo di lavoro.