In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di handicap, sussiste l'obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi nei luoghi di lavoro - purché comportanti un onere finanziario proporzionato alle dimensioni e alle caratteristiche dell'impresa e nel rispetto delle condizioni di lavoro dei colleghi dell'invalido.
Queste le conclusioni della Corte di Cassazione che si è espressa in tal senso nella sentenza n. 34132 del 19 dicembre 2019.
Nel caso de quo, il licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore – già operante con mansioni di guardia giurata – è stato annullato dai giudici di merito per violazione dell’obbligo di repechage.
In particolare, appurato che non era emersa l’assoluta inidoneità fisica alle mansioni ma solo delle limitazioni, la Corte di appello di Napoli ha ritenuto che la società non aveva fornito piena prova dell’impossibilità di una diversa collocazione lavorativa rilevando che non era all’uopo adeguata la produzione dell’organigramma aziendale attestante l’assenza di posizioni lavorative vacanti in quanto "nulla impediva all'azienda di reperire all'interno della sua organizzazione delle postazioni di lavoro compatibili con il nuovo stato di salute, magari spostando qualche dipendente da una posizione lavorativa all'altra, attesa la piena fungibilità ed omogeneità delle mansioni, ovvero facendo turnare il reclamato con altri dipendenti impegnati solo in turni diurni e in postazioni più congrue con il suo stato di salute”.
Il Collegio napoletano aveva altresì rilevato come, nel caso di specie, la ricollocazione lavorativa non avrebbe richiesto una modifica dell’assetto organizzativo aziendale previa creazione di una posizione lavorativa ad hoc per il dipendente ma solo l’adozione di accorgimenti (adibizione al solo turno diurno, adibizioni a postazioni non richiedenti prolungate posizioni in piedi, assegnazione a clienti diversi da quelli, come le banche, ove è più alto il rischio di rapine) nell’individuazione di una posizione (tra quelle già esistenti) compatibile con lo stato di salute del dipendente.
La società ha impugnato la sentenza innanzi alla Suprema Corte sostenendo essenzialmente che il principio di repecahge debba essere valutato nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’impresa e, quindi, in relazione all’organigramma aziendale e relative posizioni vacanti.
La Suprema Corte, richiamati i principi già affermati nelle sentenze nn. 6798 e 27243 del 2018 circa l’obbligo del datore di lavoro di adottare “accomodamenti ragionevoli” per consentire l’accesso e lo svolgimento del lavoro ai lavoratori disabili compatibilmente con la posizione degli altri lavoratori (che non possono essere penalizzati nelle mansioni e nelle condizioni di lavoro) e con l’organizzazione dell’impresa e relativi equilibri finanziari, ha cassato la sentenza della Corte partenopea per l’assenza di ogni indagine circa la compatibilità dei prospettati accorgimenti con l’organizzazione aziendale e la posizione degli altri dipendenti.