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Corte Costituzionale: il licenziamento nullo porta sempre alla reintegra

La Corte Costituzionale boccia l'articolo 2 dello "Jobs Act" e aumenta le tutele: reintegro esteso a tutti i casi di nullità del licenziamento
23/02/2024
Con la sentenza n. 22 del 22.02.2024, la Corte Costituzionale afferma l’illegittimità costituzione del Jobs Act nella parte in cui limita la reintegra solo ai casi di nullità espressamente previsti dalla legge.
 
La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, limitatamente alla parola "espressamente". Tale disposizione, pertanto, è stata ritenuta illegittima nella parte in cui, nel riconoscere la tutela reintegratoria, nei casi di nullità, previsti dalla legge, del licenziamento di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (quindi a partire dal 7 marzo 2015), l'ha limitata alle nullità sancite "espressamente".

La sentenza della Consulta origina dal caso del ricorso di un lavoratore, autista assunto con il c.d. contratto a tutele crescenti, contro licenziamento irrogatogli, nel quale contestava – tra le altre cose – la nullità del recesso per contrarietà alle norme imperative in materia di procedure per l’irrogazione di sanzioni disciplinari nel settore autoferrotranviere.
La Corte di Appello di Firenze riconosceva la nullità della sanzione espulsiva, ma escludeva la reintegra, non ritenendo la fattispecie in esame rientrante tra le nullità espresse richiamate dall’art. 2, comma 1, D.Lgs. 23/2015 ai fini della reintegrazione.
 
La Suprema Corte, investita del caso, sollevava questioni di legittimità costituzionale della predetta norma in riferimento all’art. 76 Cost., argomentando che l’esclusione delle nullità, diverse da quelle “espresse”, non trovava rispondenza nella legge di delega.

 
 




 
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