Confermando il proprio rigoroso orientamento in materia, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza a n. 21251 del 1° giugno 2022, ha affermato che risponde del reato di false attestazioni o certificazioni di cui all’art. 55-quinquies del decreto legislativo n. 165/2001, il dipendente pubblico che, attraverso la marcatura del badge o con altro mezzo, attesti la presenza in servizio di altro lavoratore assente.
In considerazione della funzione autocertificativa che la timbratura del cartellino elettronico assume rispetto agli obblighi degli orari di lavoro e dell'espletamento in concreto delle proprie mansioni, qualsiasi condotta manipolativa delle risultanze di quella attestazione è di per sé idonea a trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio in merito alle circostanze di fatto che quella attestazione è intesa a dimostrare, ossia la sua presenza sul luogo di lavoro, sicchè l'indebito utilizzo dei badges, configura sia la modalità fraudolenta prevista dall'art. 55 quinquies del d.lvo 165 del 2001, che gli artifici e raggiri che compongono l'elemento materiale del reato di truffa aggravata ai danni dell'ente pubblico.
La sentenza estende inoltre la platea dei soggetti cui è possibile applicare l'art. 55 TUPI anche ai dipendenti assunti con contratto a tempo determinato. Secondo i giudici di legittimità, la locuzione dell'art. 55 quinquies del d.lgs n. 165 del 2001 ha carattere generale e riguarda il personale dipendente di tutte le pubbliche amministrazioni.