Un lavoratore, prelevato dalla polizia all'inizio del turno di lavoro, era rimasto assente per due settimane senza comunicazione alcuna al datore di lavoro che aveva provveduto alla contestazione disciplinare per assenza ingiustificata ed al relativo licenziamento, in conformità alle norme disciplinari di fonte collettiva.
L'impugnazione del recesso, motivata da lavoratore invocando l'impossibilità sopravvenuta di rendere la prestazione lavorativa per la privazione della libertà conseguente alla misura cautelare (in conseguenza di fatti estranei al rapporto di lavoro), è stata respinta dai giudici di merito considerando da un lato la prolungata assenza dal lavoro senza comunicazioni di sorta e, dall'altro, la genericità delle giustificazioni fornite a fronte della contestazione disciplinare.
Il ricorso proposto innanzi alla Suprema Corte, sempre per far valere l'impossibilità sopravvenuta, è stato respinto dai giudici di legittimità che, rilevati i dati oggettivi della prolungata assenza e della mancata comunicazione al datore di lavoro di ogni giustificazione, ha valorizzato sia la mancata prova da parte del lavoratore dell'impossibilita di comunicare le ragioni della propria assenza sia la norma contrattuale che, nel caso di specie, sanziona il dato obiettivo dell'assenza ingiustificata