È legittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che mette in atto condotte truffaldine per sottrarsi agli obblighi lavorativi, abusando della fiducia concessa dal datore di lavoro e violando gravemente i doveri connessi alla propria posizione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30613/2024, ha rigettato il ricorso di un lavoratore confermando la decisione di merito che aveva ritenuto pienamente giustificato il provvedimento espulsivo.
Nel caso specifico, il dipendente, direttore di un punto vendita, aveva ritardato senza autorizzazione il rientro dalla pausa pranzo e, senza alcuna comunicazione preventiva, si era poi recato fuori città per motivi personali, rimanendo assente dal lavoro il giorno successivo. Quando contattato, aveva giustificato telefonicamente la sua assenza con problemi di salute del coniuge, rassicurando però sulla propria presenza in loco e sulla disponibilità a rientrare in servizio in caso di necessità. La condotta, così articolata, è stata definita dai giudici un chiaro abuso di fiducia e una grave violazione degli obblighi contrattuali.
La Corte ha sottolineato che la natura dell'infrazione non si limitava a una semplice assenza ingiustificata, ma comprendeva un comportamento pianificato e ingannevole, incompatibile con il ruolo apicale del lavoratore e la fiducia necessaria per lo svolgimento delle sue mansioni. L’ordinanza ribadisce che in simili casi non si può applicare la sanzione conservativa prevista dal contratto collettivo per l’assenza ingiustificata, poiché l’infrazione ha una gravità superiore, configurandosi come una violazione intenzionale e premeditata degli obblighi fiduciari.