Nel caso de quo, il datore di lavoro ha comunicato il licenziamento con missiva ricevuta il 2 aprile 2004 e con effetto posticipato al termine del periodo di preavviso, il successivo 15 maggio.
La lavoratrice, la cui gravidanza è iniziata durante il periodo di preavviso, ha impugnato il licenziamento facendone valere la nullità per il divieto di recesso sancito dall’art. 54, D.Lgs. n. 151/2004 nel periodo intercorrente tra l’inizio della gravidanza ed il compimento di un anno di età del bambino.
La domanda è stata accolta dal giudice di primo grado e respinta dalla Corte di appello di Ancona che ha ritenuto il licenziamento perfezionato alla data di ricezione con conseguente irrilevanza, ai fini della dedotta nullità, del successivo stato di gravidanza.
La pronuncia è stata confermata dalla Suprema Corte con l'ordinanza 9268 del 3 aprile 2019 alla luce dei seguenti principi:
- il licenziamento, quale atto unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la comunicazione è ricevuta dal lavoratore a prescindere dal fatto che la sua efficacia sia differita (come nel caso di preavviso lavorato) ad un momento successivo
- la verifica delle condizioni di legittimità del licenziamento deve essere effettuata al momento del suo perfezionamento
- il licenziamento può ritenersi nullo solo se lo stato di gravidanza è già in corso nel momento in cui la relativa comunicazione è ricevuta dalla lavoratrice, rimanendo irrilevante la gravidanza sopravvenuta nel corso del periodo di preavviso
La Corte di Cassazione ha altresì precisato che lo stato di gravidanza insorto nel periodo di preavviso ne determina la sospensione ai sensi dell’art. 2110 c.c.