Successivamente all'annullamento - in sede giudiziale - di un licenziamento per vizi procedurali (nel caso di specie, genericità della contestazione) il datore di lavoro aveva irrogato un secondo licenziamento fondato sui medesimi addebiti.
La Corte di appello di Roma - riformando peraltro la sentenza di prime cure - ha ritenuto illegittimo il secondo licenziamento per violazione del principio del ne bis in idem affermando così che con il primo recesso il datore di lavoro aveva consumato la propria potestà disciplinare
Il ricorso promosso dalla società è stato accolto dalla Suprema Corte che, richiamando un precedente del 2013, ha ribadito la facoltà del datore di lavoro di irrogare un secondo licenziamento fondato sui medesimi addebiti ove il primo sia annullato per vizi meramente formali.
Nel disporre il rinvio alla Corte capitolina i giudici di legittimità hanno altresì segnalato l'esigenza di verificare se il secondo procedimento abbia rispettato il diritto di difesa del lavoratore, considerando il rilevante lasso di tempo intercorso tra il primo recesso e la sua rinnovazione