Con l’ordinanza n. 31561/2023, la Corte di Cassazione interviene in merito al rispetto dell’obbligo di repêchage, affrontando il caso di una cassiera di un bar licenziata in seguito alla chiusura dell’attività per alcuni mesi a causa di incendio e riaperto dopo una riorganizzazione.
Con tale sentenza i giudici di legittimità hanno affermato che ai fini della valutazione del repêchage, occorre tenere conto di quanto previsto dall’art. 2103 c.c. in materia di “ius variandi” secondo il quale esiste un diritto del datore di lavoro di adibire il dipendente in mansioni di pari livello della stessa categoria legale di inquadramento. In giudizio, il datore è tenuto a dimostrare, sulla base di elementi oggettivi, le ragioni per le quali il dipendente licenziato non poteva essere ricollocato nelle mansioni di pari livello assegnate a lavoratori assunti successivamente. La Corte non afferma che tutte le mansioni sono esigibili ma ritiene che il sistema contrattuale delle classificazioni abbia un peso determinante ai fini della verifica.
In sostanza, i giudici rimarcano che il rispetto dell’obbligo di repêchage comporta una valutazione delle capacità specifiche del lavoratore licenziato. Per ritenere quindi legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo non è sufficiente la soppressione del posto di lavoro, se nel frattempo sono stati assunti nuovi dipendenti pur con profili diversi.