Nel caso de quo, una lavoratrice ha impugnato il licenziamento collettivo per violazione dell’art. 5, comma 2, L. n. 223/1991 nella parte in cui dispone che "l'impresa non può altresì licenziare una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazione".
I giudici di merito, accertata la violazione del limite percentuale sancito da tale norma hanno ritenuto il licenziamento discriminatorio riconoscendo alla lavoratrice la reintegra ex art. 18, comma 1, St. Lav..
Il ricorso per cassazione promosso dalla società è stato respinto dalla Suprema Corte alla stregua delle seguenti argomentazioni:
l’art. 5, comma 2, L. n. 223/1991 deve essere interpretato nel senso che il confronto da operare in relazione al personale da licenziare va circoscritto all'ambito aziendale interessato dalla procedura, così da assicurare la permanenza, in proporzione, della quota di occupazione femminile sul totale degli occupati.
Tale norma non prevede inoltre una comparazione fra numero di lavoratori dei due sessi prima e dopo la collocazione in mobilità ma impone di verificare la percentuale di donne lavoratrici, e poi consente di mettere in mobilità un numero di dipendenti nel cui ambito la componente femminile non deve essere superiore alla percentuale precedentemente determinata.
Nel caso di specie, nel reparto interessato dalla procedura operavano 6 uomini e 3 donne (la percentuale di manodopera femminile era quindi pari al 33,33%) e sono stati licenziati un uomo e due donne (la percentuale di manodopera femminile licenziata era pertanto pari al 66,66%) con conseguente violazione del limite (percentuale) di legge.